Ascoltare un disco di Bat For Lashes, aka Natasha Khan, si rivela essere sempre un’esperienza appagante, rinvigorente oltreché inedita. Con questo sesto album, la polistrumentista britannica ci porta nel suo mondo nel quale si fondono una nutrita schiera di sentimenti materni insieme alla terrena evoluzione della materia, descrivendo nota dopo nota il suo modo di affrontare la nuova e meravigliosa esperienza di vita.
Come in un sogno, Natasha ripercorre attraverso le undici tracce, sorrette da un etereo climax, le fasi di questa sua nuova vita nella quale l’amore per Delphi si riverbera nelle parole e nella musica senza mai stancare o risultare troppo mellifluo.
Il suo precedente lavoro, quel meraviglioso “Lost Girls”, risale al 2019, giusto un anno prima dalla nascita di Delphi, evento che ha trasmesso a Natasha la consapevolezza di dover realizzare qualcosa di ancora più ipnotico e sperimentale. Con la title track d’apertura si inaugura la tenerezza che avvolge gran parte dell’album ancorché “The Dream of Delphi” non rinuncia a momenti inquietanti come nel finale proprio della summenzionata title track o psichedelici come in “Waking Up”.
Tornata in UK dopo aver trascorso ben sei anni in California, Bat For Lashes racconta l’evoluzione e la rivoluzione occorse alla sua esistenza con il consueto tocco magico e fantastico: vividi esempi sono rappresentati dalle strumentali “Christmas Day”, “Her First Morning” e “The Midwives Have Left” dove il tempo rimane sospeso e incantato. Nell’orientaleggiante “Braking Up”, invece, risuonano gli archi e le ambientazioni pastello di matrice eighties del precedente lavoro.
Nulla è lasciato a caso nel racconto della Khan dove a far da padrone sicuramente sono i testi accorati e gli arrangiamenti sublimi, il tutto sussurrato con eleganza e precisione come nelle spettacolari note di “Letter To My Dughter”, probabilmente espressione più alta dell’intero disco nella quale vengono racchiuse brevi ma rigorose parole rivolte all’adorata figlia:
“Non arrenderti a pensare/Questa corsa è sempre finita/Ricorda che sei venuta da una spirale, in espansione/Una tenera stella, mentre le magnolie si schiudono lentamente/La tua vita, un’eco, tesoro mio, di tutto ciò che è accaduto prima/La tua vita, un’eco, tesoro mio, di tutto ciò che verrà/E sì, sei una canzone”.
Con il singolo “Home”, la Khan ritorna per un istante al synthpop derivante da quella qualità che conosciamo bene e che dona lucentezza e lustro ulteriore a questo nuovo lavoro.