La scena di Brooklyn non è più centrale e considerata come qualche anno fa ma scavando, andando a cercare si trovano ancora artisti pregevoli come i Bloomsday di Iris James Garrison che dopo le sette tracce del debutto “Place To Land” (2022) continuano a regalare album onesti, ispirati, di rara delicatezza.
Indie rock, indie pop, folk si uniscono tra le note di “Heart Of The Artichoke” finito di registrare un anno fa e co – prodotto da Ryan Albert (Babehoven) con Henry Stoehr degli Slow Pulp che si è occupato del mixaggio. Un buon numero di musicisti – Andrew Stevens (Lomelda, Hovvdy) Alex Harwood, Richard Orofino, Maya Bon, Hannah Pruzinsky e Chris Daley – si alternano per dare al disco un sound intimo e confidenziale.
Una famiglia musicale allargata che fa brillare le melodie di “Virtual Hug”, “Carefully” e “Old Friend” essenziali e dirette, nostalgiche e sensibili, veicolo di una vulnerabilità che in “Dollar Slice” assume toni spirituali, grintosi e riflessivi. “Look After” e “Object Permanence” ricordano Katie Crutchfield e i Waxahatchee con un uso sapiente di elementi indie e americana, la strumentale “Night Swim” intensa e misteriosa rivela molto dell’atmosfera bucolica e rilassata che ha propiziato la nascita del disco.
“Where I End And You Begin”, “Bumper Sticker” e “Artichoke” sono i brani più completi e vividi di un album maturo, sofisticato, che pur parlando di storie e dettagli molto personali riesce a rendere universale ogni battaglia combattuta, vinta e persa. Dieci canzoni dolci, dolorose e catartiche per guarire, scoprirsi diversi e in fondo più umani.