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La cavea dell’Auditorium è uno dei pochi luoghi di Roma dove è possibile vedere e ascoltare musica dal vivo in maniera decente. Tuttavia, per il concerto dei Deep Purple del 10 luglio, gli organizzatori hanno commesso un errore colossale: disporre esclusivamente posti a sedere nel parterre. Non un’idea del tutto sbagliata, considerando che gran parte del pubblico era composta da ultrasessantenni. Ma in pochi son voluti restare seduti e, non appena è partita “Highway Star”, una marea di gente si è riversata sotto il palco, brandendo smartphone per scattare selfie e girare video senza sosta.

Da lì è scoppiato il caos: chi giustamente voleva restare al proprio posto si è ritrovato a fissare i fondoschiena degli spettatori più focosi. Gli addetti alla sicurezza hanno provato a riportare l’ordine, ma nessuno gli ha voluto prestare attenzione. Dopo un quarto d’ora, nel mezzo di una lunga parte strumentale, Ian Gillan è sceso dal palco per intimare alla security di non costringere nessuno a tornare ai seggiolini. Una volta riagguantato il microfono, ha dichiarato che al cospetto della potenza dell’hard rock bisogna restare in piedi. Peccato solo che, in fondo al parterre, tante persone in sedia a rotelle siano state praticamente costrette a una visione assai ridotta del concerto.

Luci e ombre quindi su quest’ultimo live romano dei Deep Purple. Da una parte, le qualità immortali di un quintetto composto in larga parte da uomini che vanno verso gli 80 anni (escluso il nuovo chitarrista Simon McBride che, con i suoi 45 anni, è praticamente un ragazzino in confronto ai suoi colleghi). Gillan ha cantato l’iniziale “Highway Star” con enorme fatica ma, col passare dei minuti, ha ingranato e si è rimesso in pista, riuscendo a non sfigurare sugli altri brani. Tanti però i classici riadattati per venire incontro ai fisiologici limiti legati all’età avanzata del frontman che, come ben dimostrato a Roma, resta comunque una forza della natura.

Prove eccellenti da parte del bassista Roger Glover, del batterista Ian Paice e del tastierista/organista Don Airey, tre vecchie leggende dell’hard rock britannico. L’emozione di vedere Paice dal vivo è stata fortissima, così come è stato fantastico sentire Airey citare la sua intro di “Mr. Crowley”, classicone dell’Ozzy Osbourne solista, nel mezzo del suo lungo assolo, all’interno del quale ha anche inserito un estratto di “Arrivederci Roma” che ha mandato in visibilio il pubblico capitolino.

Un po’ di dispiacere per non aver ascoltato un assolo di batteria da parte di Ian Paice, ma la sua sola presenza sul palco è stata sufficiente a illuminare un concerto di un’ora e mezza abbondante che è scivolato via tra vecchi pezzi anni ‘60/’70 come “Hard Lovin’ Man”, “Into The Fire”, “Lazy”, “Space Truckin’”, “Hush”, “Black Night” e naturalmente l’attesissima “Smoke On The Water”, suonata prima del bis.

Tra i brani più recenti proposti ai presenti spiccano gli estratti da “= 1″, il nuovo album in uscita il 19 luglio, con la prima esecuzione in assoluto di “Lazy Sod”. E non si può non menzionare una versione a dir poco epica di “Uncommon Man”, introdotta da un interminabile ma mostruoso assolo di Simon McBride.

In conclusione, il concerto dei Deep Purple non ha deluso le aspettative, ma è stato gravemente compromesso nella parte iniziale dalla maleducazione di una fascia del pubblico. Tantissimi spettatori si sono comportati male: non solo hanno mostrato un totale disinteresse nei confronti dei disabili in carrozzina costretti nelle retrovie, ma hanno anche trascorso l’intera serata scattando selfie e girando video, senza mai realmente seguire lo spettacolo.

Intendiamoci: sicuramente è bello stare in piedi sotto il palco, così come può essere gratificante realizzare qualche video breve da condividere con gli amici; ma la musica dal vivo non può essere solo una valvola di sfogo per il proprio narcisismo. Soprattutto se sul palco si trova uno dei più grandi gruppi della storia dell’hard rock che, purtroppo, è ormai entrato nella fase conclusiva della sua infinita carriera.