Dopo vent’anni dall’ultima apparizione, tornano i Folk Implosion con una versione più aggiornata del loro stile, che non tiene conto del lungo periodo di assenza ma rimane nei margini della precedente produzione, che per i non addetti, ebbe un sussulto di popolarità notevole con la partecipazione alla colonna sonora del film “Kids”, negli anni 90.

Anni 90 il cui gusto e feeling si ritrovano anche in queste 10 tracce di “Walk thru me”, dove si rinnova il tentativo del duo di trasportare il background indie proveniente da miscugli garage e post core in territori più morbidi, quasi pop, in appunto una implosione di folk elettrico, che però in questo quinto loro album viene anche felicemente contornato da pattern di leggeri synth nonchè da un buon ritmo della drum machine e notevole abbondanza polistrumentale, che arricchisce le canzoni di una certa frivolezza.

Nell’inseguire questo obiettivo, si notano le differenze fra la penna dei due autori, un Davies più secco orientato verso i temi della perdita (del padre), mentre Barlow con la sua voce più calda tenta di avvicinarsi ad un pop quasi melodico, in cui ritrovare la sua esperienza genitoriale (“My little lamb”) “ come anche riflessioni evocative sull’inesorabile scorrere del tempo (“Crepuscular”), in un azzardo per un compositore che anche nelle scritture personali di casa madre Dinosaur ha sempre tentato di abbozzare brani dalle melodie distorte ma sempre molto accattivanti. Ne esce così un album coeso, senza grossi cali di tensione, con canzoni più o meno riuscite come appunto l’iniziale “Crepuscular” e la finale “Moonlit KInd”, di almeno un paio di spanne la migliore del gruppo, che rimarca una sconosciuta modalità da crooner di Barlow nell’interpretare una vena sempre più affine sia al cantato che al mood di un incrocio fra l’Ocasek dei mitici Cars e il Berninger degli ultimiNational.

“Walk thru me” rientra quindi nell’alveo di un intelligente fotografia di duale intensità per una coppia di amici che decidono di ricompattare un vecchio progetto, apportando una esperienza pluridecennale ad un’idea vecchia come il mondo, provare a impastarsi nella creazione di canzoni pop, anche se dietro c’è sempre la camicia a quadri di flanella.