La musica di Elliott Smith è essenziale, nel senso che il cantautore americano riuscì ad esprimere sè stesso, il suo mondo, le sue difficoltà in una maniera, allo stesso tempo, intimamente dolce e violentemente straziante, facendo leva su sonorità semplici e dirette, che, nonostante l’apparente leggerezza, potessero restarci incollate all’anima. Forse è questo il motivo che fa di Elliott Smith uno degli artisti più “copiati” dalle giovani generazioni di cantautori, non solo americani.
“Roman Candle” è un lavoro minimalista, nel quale Elliott stabilisce i concetti basilari della sua musica e della sua poetica: la solitudine esistenziale, la fragilità umana, tutta la sua intimità messa crudamente a nudo. Tutto ciò va a riempire gli spazi vuoti tra le note della sua chitarra e le parole che, spesso, sono appena sussurrate. In “No Name #1” Elliott libera, dalle profondità del suo spirito inquieto, uno dei versi più significativi del disco: “You don’t belong here“. Il non sentire l’appartenenza a qualcosa di predefinito ed obbligato, sia a livello fisico, che spirituale, è uno dei tratti fondamentali della sua produzione artistica. Una frase semplice che, però, esprime tutta le difficoltà del musicista e dell’uomo di sentirsi accettato ed apprezzato dal mondo esterno; egli è convinto che ciò non sia possibile, dunque si convince che l’unica strada possibile sia quella della solitudine, ma ciò lo consuma da dentro giorno dopo giorno, lo indebolisce e lo conduce sempre più verso una spirale di estrema ed assoluta negatività .
“Roman Candle” non è solo buio, vi sono anche momenti intensi e delicati, nei quali la luce penetra nell’oscurità del pessimismo, come in “Condor Ave”, nella quale Elliott guarda al passato d’una sua relazione affettiva con malinconia, ma anche e soprattutto con grande dolcezza. Un altro significativo brano è “Last Call” nel quale il cantautore del Nebraska va oltre e supera gli schemi scheletrici dell’album e si diverte a creare un suono più corposo ed elettrico.
“Roman Candle” è un album nudo, non perfettamente levigato, pieno di asperità e che ti da l’impressione di un lavoro abbozzato. In parte ciò è vero, non dobbiamo dimenticare, infatti, che queste canzoni furono inviate alla Cavity Search Records solo perchè la ragazza dell’epoca insistette affinchè Elliott prendesse questa decisione. Queste canzoni, quindi, non furono inizialmente scritte e pensate per il pubblico, esse rispondevano soprattutto ad un bisogno personale; erano il modo per liberarsi delle sue frustrazioni ed affrontare la vita: un vero e proprio rito di intima purificazione, che, col tempo, Elliott avrebbe imparato a controllare e far convergere nei suoi lavori futuri. Ma è evidente che nel 1994 siamo ancora in uno stato profondamente embrionale della sua arte, in cui è tutto più viscerale, ruvido e tecnicamente ancora abbastanza imperfetto. Resta, però, il fatto di avere tra le mani l’esordio discografico di quello che oggi può essere considerato uno dei cantautori più profondi e sensibili degli anni Novanta.
Pubblicazione: 14 luglio 1994
Durata: 30:31
Dischi: 1
Tracce: 9
Genere: Singer-songwriter, Folk
Etichetta: Cavity Search Records
Produttore: Elliott Smith
Registrazione: 1993
1. Roman Candle
2. Condor Ave
3. No Name #1
4. No Name #2
5. No Name #3
6. Drive All Over Town
7. No Name #4
8. Last Call
9. Kiwi Maddog 20/20