Premetto di non essere né un grande appassionato, né un fine intenditore di blackgaze, un particolare genere musicale che può essere grossolanamente descritto come una fusione tra black metal e shoegaze. Un sound che in sé e per sé è anche interessante ma, nel profondo, ha un che di pretenzioso (per me naturalmente). Come si suol dire, de gustibus non disputandum est: personalmente preferisco le forme più pure e incontaminate dei due stili in questione.
Nonostante questo, le sonorità degli Alcest risultano sempre suggestive. Le sette tracce di “Les Chants de l’Aurore”, il loro settimo album, sono caratterizzate da atmosfere stranamente serene e positive. Un sound quasi solare, che trasmette un particolare senso di pace, anche se spesso “tormentato” dal ricorso al tremolo picking e al blast beat. Molto meno presente il cantato in screaming, sempre secondario rispetto alle melodie che ricoprono invece una parte importantissima nell’opera.
La potenza delle chitarre elettriche e della batteria viene sfruttata a dovere dal cantante e polistrumentista Neige e dal batterista Winterhalter non solo per dare maggior enfasi a canzoni catartiche fino al midollo, ma anche per formare un grande dipinto blackgaze dalle sfumature dolci e tenere. Già, perché il blackgaze degli Alcest di “Les Chants de l’Aurore” ha toni luminosi e rasserenanti. Assai di rado emergono ombre di inquietudine in un album che, detto assai sinceramente, suona un po’ ripetitivo e fin troppo melodico e “allegro” per gli standard del genere.
Un disco dal cuore morbido, heavy solo in superficie, ma comunque degno di essere ascoltato, se non altro perché gli Alcest sono grandi musicisti e Neige è un ottimo autore, capace di scrivere brani lunghi e articolati che inglobano elementi di black metal, post-rock, shoegaze e, in questo specifico caso, persino di progressive pop.
In conclusione, “Les Chants de l’Aurore” è un lavoro che, pur non rivoluzionando il panorama del blackgaze, offre un’esperienza d’ascolto piacevole e suggestiva. I fan del genere apprezzeranno sicuramente la maestria di Neige e Winterhalter nel creare paesaggi sonori che riescono a essere tanto potenti quanto delicati.