Cosa sono diventati i Kasabian? Cosa ne è stato di quella band entusiasmante che nei primi anni Duemila disegnava traiettorie musicali per nulla scontate? A giudicare dal nulla cosmico della loro nuova fatica discografica, “Happenings”, poco o niente. Briciole ed echi lontani. Lontanissimi, oramai.

Credit: Neil Bedford

Non me ne vogliano il caro Serge Pizzorno e gli altri componenti del gruppo britannico, ma si fa veramente fatica a procedere nell’ascolto di un album incisivo come la nazionale italiana di Calcio durante gli ultimi Europei. Probabilmente, il ben servito – giusto, ma dolorosissimo – riservato al vecchio Tom Meighan, qualche anno fa, continua a pesare come un macigno nelle dinamiche della band di Leicester.

Ed allora, brani piuttosto banalotti come la traccia d’apertura, “Darkest Lullaby”, o la stessa “Coming Back To Me Good”, servono solo a riempire gli spazi vuoti di un progetto che possiede ben poco di accattivante. Sia chiaro, chi scrive ha amato alla follia brani atomici e geniali quali erano “Days Are Forgotten”, “Shoot The Runner”, per non parlare di capolavori primordiali come “Club Foot” o “Reason Is Treason”. Epperò, in questo guazzabuglio chiamato “Happenings”, risulta davvero difficile trovare traccia o tracce all’altezza dei Kasabian che furono.

Pensate veramente che pezzi ai limiti dell’insipido come “Call”, “Italian Horror” e “Hell Of It” possano riportare i Nostri ai fasti di un tempo? Volendo, si potrebbero salvare le scoppiettanti intuizioni sonore di “How Far Will You Go” e quelle decisamente più patinate di “Bird In A Cage”, ma si tratta di compitini, per lo più. Si badi bene, questa non vuole essere una stroncatura bella e buona di un recensore severo e nostalgico dei bei tempi che furono, ma una disamina obiettiva sulla direzione intrapresa dalla band inglese.

In parole povere (ma non così povere come il contenuto del disco in questione), il nuovo album dei Kasabian è una sorta di viaggio mai intrapreso. Con tali premesse, appare maledettamente difficile decifrare le coordinate di una navigazione nata storta ancor prima di issare le vele. La sana follia, il geniale cazzeggio, l’originalità pura, insomma tutte quelle caratteristiche che rendevano Pizzorno e soci un gradevole bug nel sistema musicale internazionale, sono oramai smarrite. Perse. Evaporate.

In definitiva, “Happenings”, più che un’occasione sprecata, è un progetto senza capo né coda. Cosa sono diventati i Kasabian? Al futuro l’ardua sentenza. La nostra, invece, è un 4,5 senza appelli. Spiace.