Riccardo Scamarcio, scommettitore pugliese accanito, si fa rapire i due figli mentre guarda la partita del Bari. Inizia così un film che fino a un certo punto sembra un mezzo miracolo, una rivoluzione del pensiero cinematografico italiano quasi. Perché senza alcuna retorica, preparazioni e retroscena imboccati col cucchiaino, mediante giusto un paio di elementi e battute si viene catapultati, insieme al povero (e ottimo) Scama, in un turbine di eventi che andranno programmaticamente sempre peggio.

Fino a un certo punto “Svaniti nella notte” è un gran bel giallo, con punte d’azione, secco e diretto, capace di tenere col fiato sospeso veramente bene.

Poi però qualcuno ha sentito il bisogno di scrivere un finale, un plot twist totatlmente innecessiario (si poteva giustificare il rapimento in qualsiasi altro cazzo di modo), che mandasse in rovina tutto quanto di buono girato fino a quel momento. Una roba che facesse diventare il film una boiata apocalittica che sodomizza la ragionevolezza e il buon senso senza vaselina. E non c’è sospensione dell’incredulità che tenga.

Una roba imperdonabile davvero.

Ah, ho detto ottimo Scamarcio, ma c’è anche un altro fuoriclasse, sempre troppo sottostimato: Massimiliano Gallo.