Una gloriosa BASF da 90 minuti: lato A “Kill “‘em All” dei Metallica, lato B “Licensed to Ill” dei Beastie Boys. Consumata nell’estate di passaggio tra le medie e le superiori ; mancette alla mano i due lati della audio cassetta sostituiti nei mesi a seguire dai due LP.
Il tutto perchè se un album davvero ti piaceva, la cassetta “doppiata”, senza copertina e con audio poco fedele, non poteva bastare e l’impulso di regalarsi l’originale vinceva su tutto.

Ma come era possibile che nel giro di soli tre anni, intercorsi tra il 1986 ed il 1989, i Beastie Boys avessero partorito un lavoro tanto sofisticato come “Paul’s Boutique”?
Tale domanda sorge dal fatto che, proprio loro, avevano sfondato, portando alla giovane borghesia bianca americana una versione irriverente e “cazzonara/fancazzista” del rap ottantiano, di cui mantenevano i beat oldschool scarni e iperstilizzati. L’album in questione era proprio il citato “Licensed to Ill”, che introduceva inoltre generosi campionamenti di chitarre (o ospitava eroi come il buon King degli Slayer) per anthems di antesignano rap-rock come “No sleep till Brooklyn”.
Un album divertentissimo e che fece scuola ma che nessun avrebbe presagito potesse essere il punto di partenza per una fulgida carriera, ricca di straordinarie invenzioni sonore.

Ecco che nel 1989 arriva “Paul’s Boutique” e spiazza tutti.

Non ricordo come e quando sia arrivato, ma ho sempre avuto quel famoso LP apribile per casa, con quella copertina che ti catturava e ti “buttava dentro”, come se ci fossi proprio tu tra le strade ed i negozi di una qualche metropoli americana, che al tramonto degli anni ottanta consideravi un eldorado inarrivabile.
Sta di fatto che mentre nel mondo l’album veniva spinto poco dalla stessa casa discografica e non era capito dal pubblico, fin da subito consumai la puntina del mio esimio giradischi senza alcun rimpianto per la versione “cartoonesca”, se pur godibilissima, che i Beastie Boys avevano dato di sè nell’album precedente.
Bravo il sottoscritto e acuto il suo orecchio che si andava raffinando?
No, semplicemente bravi-bravissimi i Beastie Boys che con uno scarto spaventoso ammantano l’album di una produzione clamorosa (inizia la collaborazione con, segnatevi questo nome, i Dust Brothers e se non vi dice nulla pensate ad “Odelay” di Beck), raffinano il suono, ampliano la sfera musicale, fanno sentire quanto, dietro l’aria di eterni cazzari, ci siano dei giovani affamati di musica che vogliono portare le radici del passato nel futuro.

“Paul’s Boutique” è un effluvio godurioso di suoni , con utilizzo di un numero incredibile di samples, suoni ed idee, incastonate ad arte in un mosaico creativo che risplende con immutato vigore dopo 35 anni.
Un album in cui i Beastie Boys iniziano a diventare funky ma senza perdere la loro identità  e il loro stile, che anzi inizia proprio da questo disco a delinearsi e che maturerà  nei futuri lavori.

Un caleidoscopio di invenzioni sonore che porteranno l’album allo status di cult (per me fu un istant classic) e lo vedranno sempre più inserito nel filone del “progressive hip hop” o citato, meritatamente, con epiteti quali   “il pet sounds o il sgt peppers dell’hip hop“.

Pubblicazione 25 luglio 1989
Durata 53:03
Dischi 1
Tracce 14 + 1 (1-2-3-4-5-6-7-8-9)
Genere Old school hip hop / Alternative hip hop
Etichetta Capitol Records
Produttore Beastie Boys e Mario Caldato Jr.

To All the Girls
Shake Your Rump
Johnny Ryall –
Egg Man
High Plains Drifter
The Sounds of Science
3-Minute Rule
Hey Ladies
5-Piece Chicken Dinner
Looking Down the Barrel of a Gun
Car Thief
What Comes Around
Shadrach
Ask for Janice
B-Boy Bouillabaisse
59 Chrystie Street
Get on the Mic
Stop That Train
Year and a Day
Hello Brooklyn
Dropping Names
Lay It on Me
Mike on the Mic
A.W.O.L.)