Nel lontano 1981, precisamente a giugno, usciva il quarto album dei Siouxsie and the Banshees. La penultima traccia del lato due è un brano che ha come protagonista una testa mozzata, “Head Cut” per l’appunto.
La canzone, o forse la scabrosità del testo, convinsero quattro amici di Ventura (città situata sulla costa pacifica nel sud della California) a prendersi dello spazio dalle rispettive band per formarne una a cui diedero il nome “Head Cut”. All’inizio del 2022 pubblicarono il primo singolo “Insect Secret”.
Sasha Green (voce), Oscar Estrada (basso), Seth Pettersen (chitarra) e John Crerar (batteria). hanno suonato in parecchie band, ne nomino alcune per gli impavidi ricercatori che volessero dedicarvi del tempo ascoltandole: Catholic Spit, Massenger, Detoxi, Sweet Reaper, The Fucking Wrath…
Il riferimento ai Banshees non è solo dovuto alla scelta del nome. Il loro primo e omonimo album è un richiamo ai suoni della band di Siouxsie Sioux e Stefen Severin,
Post punk dalle tinte dark per un tuffo negli anni ottanta che non puzza però di sterile revival. Questa è una band di artisti esperti, non certo ragazzini dediti all’imitazione.
Questo secondo album non solo conferma le ottime sensazioni dell’esordio ma convince e ci sorprende positivamente ascolto dopo ascolto. L’utilizzo della lingua spagnola dona originalità ai brani. “Salsipuedes” dalle energiche vibrazioni surfin’ ci ricorda che in fondo siamo in California e precede “Espejo Eléctrico”. La voce solenne di Sasha Green (tra l’altro autrice di tutti i testi) ed il ritmo incalzante sono un ottimo invito alla danza. L’idioma ispanico invita ad alzare il ritmo nella “muy rapida” “Menos Lógica Más Ilógica” esaltando le qualità dei musicisti. “Balas Y Lágrimas” chiude il gruppo della canzoni “latine” con ritmi instabili e assillanti con una bella chitarra che si esalta in quelle pennate alla “Driven to Tears” che tanto piacciono agli amanti dei Police.
L’ansia, la depressione, le ingiustizie sociali e paesaggi cupi e torbidi sono i temi sviluppati nell’album.
Emozioni inebriate dalla bravura di Sasha che già nella opener “Human Staircase” si presenta in tutta la sua maestria.
La chitarra in perfetto stile Johnny Marr trionfa nella fiammante “I Still Love You” dal ritornello orecchiabile e malinconico.
“Red Cloud” è il brano che più ci fa amare la band californiana, sempre la voce protagonista che s’impenna nel ritornello, chitarre nevrotiche e ritmi frenetici, un vero capolavoro!
Il ritmo non cala di certo in “Living Lament” dove il dark lascia la scena ad atmosfere più punkeggianti.
Il disco si chiude con la macabra ballata “I Was High”, dove voce e strumenti si sfidano in uno psicodramma dalle tinte minacciose, un degno finale per un album che non ha momenti di cedimento. Dimenticavo: l’album è stato registrato nel corso di una sola giornata… giù il cappello signori!