Risulta fin troppo chiara l’influenza dei Pavement nelle dieci tracce di “Still Willing”, il secondo disco dei Personal Trainer pubblicato dalla Bella Union Records – storica etichetta discografica fondata una ventina di anni fa da Simon Raymonde e Robin Guthrie dei Cocteau Twins. Il legame con i pionieri del dream pop, tuttavia, si ferma a questo minimo ma rilevante aspetto; la musica della band olandese capeggiata da Willem Smit, infatti, non ha nulla di etereo o sognante.

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Il che è alquanto strano, considerata la ricchezza del sound mutante ma terreno dei Personal Trainer. L’indie rock proposto dal gruppo di Amsterdam è colto e raffinato, si sviluppa su un amplissimo spettro di generi, ma si fa apprezzare per la sua essenza quasi naïf, come è normale che sia per un collettivo che si proclama erede dello slacker rock novantiano e dell’estetica DIY tanto diffusa alla fine dello scorso millennio.

Le canzoni di “Still Waiting”, però, sono caratterizzate da una qualità del suono e da arrangiamenti di grandissimo livello che hanno poco da spartire con l’universo lo-fi. Dietro questo “abito” assai elegante, fatto delle stoffe più pregiate e colorate, la band nasconde un corpo che altro non è che il frutto dell’assemblaggio di idee altrui pescate qua e là. Ai Personal Trainer, quindi, mancano la personalità e la genialità che invece contraddistinguono tante opere firmate dal loro beniamino Stephen Malkmus.

Poco importa, perché il settetto sa come scrivere canzoni ben fatte ed estremamente godibili. Le lacune e le debolezze, come già suggerito, non sono poche, ma di norma vengono ben nascoste da un gruppo che sa destreggiarsi a meraviglia tra sonorità assai diverse tra loro. A tratti si lasciano trasportare eccessivamente dal flusso libero di note e calcano la mano con le stravaganze, esagerando nel desiderio di stupirci con brani troppo carichi di “ingredienti”. Eppure la miglior traccia dell’album, l’iniziale e lunghissima “Upper Ferntree Gully”, rientra proprio in questa categoria: parte progressive, prosegue in bilico tra Pavement e Dinosaur Jr. con qualche timida spruzzata krautrock, e termina in un vortice di energia che sfocia in vero e proprio heavy metal.

Tanta carne al fuoco per un disco che, con un pizzico di volgarità, potremmo definire paraculo. I Personal Trainer provano a dire tutto e, purtroppo per loro, non ci riescono, ancora incapaci di allontanarsi dall’ombra ingombrante dei loro conclamati maestri. Fortunatamente per noi ascoltatori, però, sanno trasmettere un grande amore per la musica e godono di uno smisurato talento (non solo dal punto di vista tecnico) che impreziosisce ottime canzoni come le serene e melodicamente deliziose “I Can Be Your Personal Trainer”, “Cyan” e “Round”, la funkeggiante “Intangible” e la frenetica “You Better Start Scrubbing”. Un po’ di fumo, ma l’arrosto c’è (ed è saporito).