Piaciuto, dai.
Una sorta di seduta psicanalitica caciarona e scanzonata sullo stato di salute, precarissimo, dell’MCU – che dopo aver cambiato per sempre le regole del cinema mainstream sta prendendo una china piuttosto ripida. Ma anche una specie di “Spiderman: No Way Home” per outsiders sboccati, cocainomani e dediti al pegging.

Al punto che forse questo “Deadpool & Wolverine” esagera un po’, anzi ci naviga alla grandissima, nel suo essere metacinema citazionista fino allo sfinimento (non solo comics e cinecomics, ma anche blockbuster di ogni sorta).
Senza però mai smettere di funzionare. Con una trama (anche piuttosto articolata) che performa in quanto tale anche al netto dei continui sfondamenti della quarta parete e delle battute sulla disputa sui diritti tra Disney e Fox e sul declino del multiverso, bersaglio preferito dell’antieroe logorroico – senza il quale però quest’avventura tra il serio e il faceto non sarebbe stata giustificabile.

Costumi, scene di combattimento e scelte musicali sono tracotanti e la violenza si spreca, tanto nel “The Void” quanto per le stradine di New York e sui sedili in pelle beige di una Honda Civic – mammamia che goduria le mazzate che sono capaci di chiavarsi su “Like A Prayer” di Madonna e “Bye Bye Bye” degli NSYNC

Varrebbe il costo del biglietto anche solo per vedere finalmente Wolverine col costume giallo, e anche senza, tanto per provare invidia verso quello splendido cinquantacinquenne di Hugh Jackman, nonché per reincontrare tanti vecchi (in)dimenticati eroi dei cinecomics. Ma in realtà diverte in ogni suo aspetto, una cosa che a un film del MCU non succedeva da tanto tempo.

Ora bisogna stare a vedere se tutta questa autoironia possa davvero offrire una strada nuova o se toccherà ricordare il terzo capitolo di “Deadpool” come un folle, imperdibile caso isolato.