Dopo quattro anni dall’uscita del precedente, “Brain Candy“, gli Hockey Dad tornano con questo loro quarto LP, pubblicato da Farmer And The Howl / BMG a giugno.
Registrato tra Sydney e Wollongong, il nuovo disco della band surf-rock del New South Wales è stato prodotto e mixato da Alex Burnett, Oli Horton e Tim McArtney.
Anche loro, come tutti, hanno sofferto in questi anni di pandemia e il titolo del disco, come spiega anche il cantante Zach Stephenson, parla di
buttare giù quello che avevate in passato, riprogettate, ricostruite e ripetete.
Non aspettatevi solo l’energia continua dei loro lavori precedenti in “Rebuild Repeat” perchè gli australiani, che nel frattempo sono ovviamente invecchiati e maturati, preferiscono spesso trovare soluzioni più rilassate e riflessive e le loro undici canzoni toccano temi come l’amore e le amicizie.
La partenza, con il singolo principale “Base Camp”, sembra introdurre perfettamente queste novità: un tono morbido e fresco e un coro perfetto e con un qualcosa di pop. Mentre rimangono divertenti, ci regalano melodie che sembrano perfette da essere cantate sul prato di un qualche festival durante l’estate.
Se in “Wreck & Ruin” gli Hockey Dad ritrovano una bellissima energia strumentale, nello stesso momento i vocals di Zach però rimangono riflessivi e hanno un non so che di solare che ce li fa amare come sempre.
E’ interessante scoprire poi anche un lato totalmente inaspettato e quasi folk da parte del duo australiano con la successiva “Burning Sand”, che utilizza strumenti acustici e lascia lo spazio alla riflessione.
Se “Seething” è la canzone più euforica e adrenalinica tra le undici presenti su “Rebuilt Repeat”, “Dancing On The Other Hand”, una ballata scritta con il piano, chiude l’album con una sorprendente dolcezza.
Il suono degli Hockey Dad è cresciuto insieme a loro e, mentre le belle melodie a cui siamo abituati da sempre non mancano mai, c’è il segnale di una voglia pop e di un songwriting più maturo.