Se ci fosse una stagione per andare al cinema, gli appassionati horror sceglierebbero l’estate. In verità la frequentazione della sala non dovrebbe avere stagioni, ma se volessimo essere totalmente catapultati in un’esperienza di cinema di genere anni settanta-ottanta, noi opteremmo senza dubbio alcuno per una in agosto (possibilmente senza aria condizionata). Passeggiare in un strada vuota di una metropoli ed imbattersi in uno dei pochi cinema aperti, scorgere un titolo e qualche foto per comprendere di poter passare un’ora e mezza in totale immersione splatter. Abbiamo fatto esattamente questo qualche giorno fà e siamo stati ripagati in maniera totale.
Conosciamo le capacità del regista, Federico Zampaglione, avendo visto tutti i suoi lungometraggi. Questa è probabilmente la sua opera più cinica, senza via di scampo, che ci consegna un’umanità più bestiale e feroce dei mostri che la fantasia degli sceneggiatori ha partorito. Come spesso ci capita, ci siamo innamorati di un frame, un’inquadratura, l’ultima, il pensiero è corso immediatamente a “La Mosca 2”. Le atmosfere da horror puro, personaggi che non si rivelano, lo splatter (grazie Carlo Diamantini) non fine a stesso ma come parte integrante della storia.
Zampaglione si sta facendo carico (non l’unico) di un genere che in Italia era stato dimenticato, maltrattato, rifiutato. Mantenere viva una tipologia cinematografica che da noi è stata modificata e rilanciata in maniera artigianale negli anni sessanta, settanta, ottanta, con Bava (padre e figlio), Fulci, D’Amato, Margheriti, Fragasso, Lenzi e tanti altri. L’horror italiano che ha sempre viaggiato parallelamente al suo gemello di genere ben più noto, lo Spaghetti Western. È un’eredità importante, un genere tutto nostro che va preservato e rilanciato in questa maniera. Sempre con quel cinismo di fondo che non lascia mai spazio al lieto fine tipico statunitense.
“The Well” è questa cosa qui.