In “Meditations on Love”, Susanna Wallumrød introduce una sessione ritmica nuova nel lavoro. Il risultato è senz’altro da apprezzare. Resta fedele al suo approccio minimalista ma con una sterzata dinamica e potente.

Credit: Ida Fiskaa

In “Triangle” del 2016, la cantante e compositrice norvegese ha raccontato la religione e la morte. In “Meditations on Love”, dopo aver trascorso cinque anni a scrivere materiale, Susanna racconta le difficoltà di mantenere l’amore. Quando si parla d’amore, moltissime canzoni celebrano la felicità di un nuovo inizio e la tristezza per la fine di una storia. In questo album, invece, stiamo tra le pieghe di una relazione, sempre in bilico tra l’essere sana e l’essere tossica.

Questo dualismo e questa tensione di fondo si riflettono nella musica e nel cantato. La voce è ora elegante e ora aggressiva, ora vulnerabile e ora affilata. Avant-jazz, avant-pop e avant-folk vanno a braccetto, sorretti da un minimalismo di fondo. Abbiamo Susanna Wallumrød alla voce, prepared grand piano e mellotron. La sua Magical Orchestra è composta da: Juhani Silvola al programming, prepared grand piano e percussioni Morten Barrikmo ai clarinetti Dag Erik Knedal Andersen e Ane Marthe Sørlien Holen alle percussioni Harald Lassen al sassofono Navighiamo tra droni di mellotron, punteggiature free jazz, tastiere oscure, scosse orchestrali e raffiche di fiati. Si tratta di un album intimo, essenziale, con suoni spesso ridotti all’osso. Le melodie eteree sono spesso costruite intorno a semplici progressioni anche se, come dicevamo all’inizio, in questo disco la sessione ritmica (sempre nel concetto di minimalismo) è di grande impatto, specialmente in alcuni brani. L’uso del silenzio e della pausa è particolarmente efficace.

Uno degli aspetti più affascinanti dell’album è la capacità di Susanna di evocare emozioni complesse attraverso una semplicità apparente, sia nella musica che nei testi. “Everyone Knows” apre il disco con un respiro avant-jazz e avant-pop. Questo primo brano è uno di quelli dove è più evidente la novità ritmica. “Big Dreams” si distende in una progressione melodica ipnotica che accoglie un testo semplice ma potente. “C’è un cuore che desidera essere libero. C’è un’anima che vaga nella notte.” “Ho grandi sogni per te.” “I Took Care Of Myself” è frenetica, trascinante e ossessiva come i King Crimson. “Black Heart” rispecchia il titolo, è una tetra e oscura ballata in slow motion cadenzata da tamburi e riverberi. “Elephant Song” è forse il pezzo più avant-jazz, ed è una performance delicata e deliziosa, con un crescendo di tamburi nella parte finale. “Battles” è marziale, gotica, spettrale. Uno dei pezzi migliori del disco. “A Swallow” è un folk etereo con una grande inquietudine di sottofondo. Inquietudine sommersa che, a dire il vero, si manifesta in tutto l’album. “Where Has The Love Gone” ricorda la traccia d’apertura ma si presenta più dolcemente per poi diventare una vera e propria power ballad (sempre alla maniera di Susanna) verso la fine.

“I Was Never Here” chiude il disco e ricorda Bjork sotto morfina. Un lavoro musicalmente ineccepibile, di grande livello e promosso a pieni voti ma, ci raccomandiamo, è un disco da maneggiare con cautela e non è per tutti i gusti.