Credit: Fabio Campetti

Anche il TOdays festival fa cifra tonda e cala gli assi della decima edizione, con un cambiamento importante, sia nella location, alternando l’abituale giardino estivo dello spazio 211 ad un vero e proprio parco, quello della Confluenza, quindi avvicendamento anche al timone della direzione artistica, passando da Gianluca Gozzi, indiscusso leader dell’organizzazione della musica “altra” in quel di Torino, alla Fondazione Reverse, storicamente più indirizzata verso altri lidi sonori.

Fatta questa doverosa premessa, il programma rimane di primissimo piano, diversa la distribuzione degli eventi, qui si toccano le nove serate, mentre “il vecchio” Todays era rigorosamente l’ultimo weekend di Agosto e sanciva, malinconicamente, una sorta di spartiacque dai bagordi della stagione bella, verso un ritorno all’abituale routine lavorativa.

Fiore all’occhiello di questa edizione sicuramente, su tutti, due straordinari nomi, i Massive Attack, che bissano la data di luglio nella suggestiva piazza Sordello in quel di Mantova e i latitanti LCD Soundsystem, poco avvezzi a scorribande live, quantomeno mancavano dal nostro paese da sei anni.

Quindi un bill, di prestigio, ricco di qualità, che annovera, tra gli altri, i seminali Jesus and Mary Chain, gli ottimi Overmono, la nuove suggestioni English Teacher e Nation Of Language, il Lumineer in licenza solista Jeremiah Fraites, l’enfant prodige Arlo Parks e gli storici Tangerine Dream.

Successivamente tutta una serie di ospiti italiani (tra cui si nota l’insolita presenza di Mahmood come headliner della penultima sera), altra peculiarità differente rispetto alle ultime edizioni, che, fatta eccezione per l’eccezionale kermesse del 2021 (quella pandemica con le sedie e i distanziamenti), erano composte solo da artisti stranieri.

Io ho l’opportunità di seguire, la terza giornata, la prima a pagamento, a seguito delle serate premiere gratuite.

Si parte intorno alle 19 e un quarto, poco dopo l’apertura dei cancelli. Il parco è molto bello, decisamente più grande rispetto alla vecchia location e tutto è al posto giusto, diciamo che, nonostante si registri una capienza maggiore, si rimane fedeli ad un festival assolutamente a portata di mano, in assoluto relax.

Giulia’s mother sono i primi a rompere il ghiaccio, collettivo di casa, che sinceramente, non conoscevo, progetto interessante, da approfondire, con già alcuni anni sulle spalle e due dischi il debutto “Truth” nel 16, quindi “Here” la stagione successiva, sono esattamente un duo, anche nella versione live, chitarra acustica e batteria. Fanno una mezz’ora di set, condito da ballads romantiche e introspettive cantate in inglese, il pubblico che sta, piano piano, arrivando, apprezza e regala applausi.

Quindi Davide Compagnoni in arte Khompa, anche lui artista torinese, batterista eclettico, che porta sul palco del TOdays uno show interessante, con lui solo alla batteria con dei samples mandati in tempo reale e una serie di visual di valore, mezz’ora di performance, incalzante e geometrica.

Penultimo act della serata sono i Nation Of Language, reduci dalla tappa siciliana, che chiudeva il lungimirante Ypsigrock, bissano questa sera la loro presenza estiva in Italia, con un live ineccepibile, balzati alle cronache da un pò di tempo a questa parte, grazie a due album convincenti, il giusto quid tra ottime filastrocche e un’elettronica vintage, per un synth pop, non rivoluzionario di per sé, ma di qualità, come dire: le canzoni ci sono eccome, e dal vivo rendono ancora di più, sebbene sia tutto molto fedele al lavoro fatto is studio, sono in tre sul palco, quindi drum machine da tessuto sonoro e le scorribande vocali di Ian Richard Devaney, che si prende tutta la scena. In scaletta l’abituale mash up dei primi due dischi, come la bellissima “On Division St.” o l’altrettanto suggestiva e conclusiva “Across That Fire line”, in mezzo, tra le altre, “The Wall & I” e come non citare “September Again”, ma va detto, che la scrittura è ampiamente sopra la media per tutti i brani.

Quindi gli headliner e sicuramente gli artisti più attesi di tutto il festival, guidano la serata, LCD Soundsystem, creatura di James Murphy, che mancava dall’Italia dal 2018 in quel di Ferrara, che, a sua volta, fu la stessa location del precedente concerto più giovane di otto anni, per l’abituale Ferrara Sotto Le Stelle. Questo per dire che capitano raramente dalle nostre parti ed è sempre un evento il loro ritorno.

Collettivo ritrovato che, live, diventa una famiglia ampiamente allargata. Sicuramente una di quelle band che si è guadagnata, a suon di prestazioni, sia in studio, sia nella dimensione live, lo status di culto vero.

Concerto che sembra una festa e festa che sembra un concerto pieno zeppo di canzoni simbolo del suono DFA diventato popolare come fruibilità, quindi brani che suonano sempre dei piccoli inni internazionali.

Senza giraci intorno uno dei migliori act in circolazione o forse di sempre, impossibile fare qualcosa di più di una prestazione audio visiva del genere. Perché anche gli eccellenti visual di questa sera fanno la differenza eccome.

James in grandissima forma, l’anti rockstar per antonomasia, un racconto lungo un’ora e mezza senza pause, suite lunghissime e la cura del dettaglio sulle spalle di nove musicisti sempre e solo al posto giusto.

Si apre con una ritmatissima “Us v Them”, pazzesca, la consueta “You Wanted a Hit” subito dopo, “Tribulations” e l’irruenza di “Movement” (come nella tracklist originale) ci riportano al 2005 e ci fanno capire ancora tutto l’entusiasmo e l’amore che si è generato nei confronti di questo progetto sin dal giorno zero.

E via dicendo con tutti i capisaldi del repertorio, senza parole “Dance Yrself clean” e l’abituale abbraccio finale di “All my Friends”. Stasera solo cose cla-mo-ro-se.

Per un concerto così, si può solo che piangere di gioia.