Credit: Enrico Sciarrone

di Enrico Sciarrone

La nostalgia è un sentimento nobile ma spesso infido e deleterio perché innesca reazioni per lo più passionali, dettate più dal cuore che dalla ragione, in cui spesso ci si abbandona totalmente per poi ravvedersi bruscamente (ma solo dopo) che tutto appartiene ad un passato che non torna più. Sentimenti, sensazioni, amarcord , è successo anche questo nell’edizione 2024 dell’AMA FESTIVAL , a cui gli organizzatori non sarà sembrato vero di poter proporre , nel corso della kermesse che si è snodata tra un preview a Luglio e la cinque giorni appena conclusa, forse due dei momenti più salienti della stagione rock 2024 , quelli dei grandi ritorni sulle scene di coloro che hanno fatto la storia del punk sia a livello mondiale come i superstiti Sex Pistols sia a livello nazionale con i redivivi CCCP. Tra i due eventi gli intramontabili e incendiari Offspring, icona del punk USA anni 90. e il ritorno degli storici e rimanenti Buzzcocks, definiti al tempo la risposta di Manchester allo strapotere dei gruppi punk di Londra.

All’annuncio delle date, tanto entusiasmo, tanta curiosità, enorme aspettativa ma inevitabili code polemiche e dibattiti come era lecito aspettarsi tra fan soprattutto della prima ora. Fin troppo scontato domandarsi cosa avessero ancora da dire musicalmente, quali leve li avessero spinti a ritornare sulle scene, opportunismo, sporco lucro, truffa? sentimenti contrastanti hanno riempito i forum tematici suscitando anche discussioni abbastanza accese.

Credit: Enrico Sciarrone

Le risposte sono venute nel corso dello svolgimento del Festival e sono apparse più semplici di mille parole.

Già nel preview di Luglio era toccato ai nostri redivivi e “criticatissimi” CCCP, gruppo che meglio di chiunque altro nel nostro paese ha saputo incarnare e personalizzare al meglio un approccio musicale ed esistenziale vicino al punk che però gli stessi protagonisti rinnegavano, regalare una performance che ha indicato un gruppo musicalmente ancora in stato di grazia, anche se nulla aggiungeva di nuovo. Nella serata di mercoledì, i sinceri Buzzcocks, orfani dei fondatori Pete Shelley e Howard Devoto, con il gruppo in mano a Steve Diggle, hanno dimostrato di essere un’altra cosa rispetto al passato e loro, consapevoli di ciò, hanno
dato tutto a modo loro. Gli statunitensi Offspring, eredi di un’evoluzione del genere negli anni 90 che li ha visti contrapposti ai Green Day, hanno mollato da tempo con la produzione, ma nulla da dire sulla greatest hits di pura intensità ed energia sciorinata sul palco, contraddistinta anche da un rapporto con il pubblico molto friendly.

Al di là di ciò a cui ci siamo trovati di fronte, va detto che in tutti i contesti ha prevalso un clima di festa e sincera partecipazione, al di là di pretese o di aspettative più o meno legittime sui grandi ritorni, perché doveva essere l’essenza della manifestazione. E l’ultima serata, la quinta quella del grande ritorno del Sex Pistols, non è stata da meno. A ben disporre fin dall’ingresso per tutta la serata , sicuramente una location strepitosa a livello paesaggistico, (ormai consolidata dopo un peregrinare iniziale nelle prime edizioni tra Asolo e Bassano) quella del parco di Villa Ca’Cornaro a Romano d’Ezzelino, dove davvero l’happening puramente musicale si coniuga perfettamente con il piacere di poter fruire di spaziveramente estesi con un serie incredibile di opportunità di svago e piacere per tutti i convenuti , conparticolare attenzione alle famiglie e i piccoli rockers in erba c’erano persino le giostre e le bancarelle) gestita in maniera egregia da un organizzazione ben collaudata che ha fatto fronte ad un folto pubblico, per la maggior parte adulto, che ha di fatto occupato tutta la zona pit, equi diviso tra fan degli Editors (gruppo di supporto) e Sex Pistols (headliner) anche se quest’ultimo si notavano di più perché buonaparte, dotati di maglietta d’ordinanza.

Nonostante la diversità di genere tra i due gruppi musicali, il pubblico si è mostrato compatto tutta la serata, apprezzando e partecipando attivamente alla performancedi entrambi. Prima però l’intro di due buoni gruppi esordienti, abbastanza volenterosi e godibili come i Mama.in.inca e le punk girl Bambole di Pezza che facevano da apripista in una situazione di canicola non indifferente che certo non li ha aiutati nell’interazione con il pubblico, più intento a cercare frescura che feedback di chitarra.

Lodevoli per l’impegno.

A scaldare ulteriormente l’ambiente (in attesa del grande evento) provvedevano gli onnipresenti Editors di un Tom Smith in grande forma, anche quest’anno presenti sui palchi dei festival italiani (finiremo per adottarli nel nostro paese con lo ius musicae) dopo il tour promozionale dello scorso anno del nuovo album “EBM”, che caratterizzava la performance, senza risparmio e di grande intensità, verso un impronta marcatamente elettro dance in linea con le nuove sonorità presenti nell’album con ben 4 tracce eseguite, anche se a scaldare gli animi erano immancabilmente le hits attese da tutti, nel tripudio generale, anche il sound sul basso di Russel Leetch, non appariva impeccabile anzi a tratti disturbante per chi stava a destra fronte palco.

Neanche il tempo di elaborare qualche considerazione sull’ottimizzazione del sound ed ecco materializzarsi sul palco i protagonisti del pomo della discordia più controverso e ambiguo della storia del rock, una sorta di tutti contro tutti che da decenni ha assunto i contorni di una commedia squallida e grottesca senza fine dove l’aspetto musicale ha finito per essere puramente marginale. Adesso però è tempo di sperimentare una nuova formazione in vista di una possibile ripresa dell’attività live del gruppo.

Alcune date in un paio di club a Londra sono andate bene, quello dell’AMA festival era il primo impegno probante. E se ce ne fosse bisogno, sgomberiamo il campo da qualsiasi dubbio, l’assenza di Johnny Rotten pesa come un macigno, si poteva fare a meno di tutti ma non di lui, vera essenza e anima del gruppo. E se non fosse per l’importanza che un disco epocale come “Never mind the bollocks” ricopre come pietra miliare del movimento, diremmo tranquillamente che ci siamo trovati davanti ad una onesta tribute band dove i tre superstiti hanno dimostrato di cavarsela abbastanza bene di mestiere e di furbizia, con un Paul ottimo metronomo, uno Steve non sempre in sintonia (alcuni giovani accanto a me lo giudicavano lento) e un Glen tirato a lucido tanto da far riflettere come sarebbe stato il destino dei Sex con lui in formazione. Con loro però un sodale perfetto per questo genere di operazione, quel Franck Carter (già presente sul medesimo palco un paio di anni fa con il suo gruppo i Rattlesnakes) dotato (nell’animo e non dall’anagrafica) di una straordinaria forza e veemente presenza sul palco quasi a interpretare quel furore che permeava l’atmosfera di quell’album ma con un suo stile , con un timbro di voce di Lydoniana memoria ma senza scimmiottarne movenze o atteggiamenti, senza provocare ma coinvolgendo e portando dalla sua il pubblico, al punto da performare e pogare alcuni brani tra la folla in delirio.

Doveva essere una festa e a suo modo lo è stata. Senza pretese ma dannatamente breve. “Never mind the bollocks” dura solo 38 minuti.