Credit: Simon Emmett

28 agosto 2009: dopo l’ennesima lite furibonda, Noel Gallagher molla il colpo e abbandona tutti – il fratello, il resto del gruppo, il pubblico radunatosi sotto il palco del Rock En Seine (in balia dei Bloc Party), chi li attendeva in Germania la sera dopo e noi che li aspettavamo a Milano per la chiusura del tour di “Dig Out Your Soul”.

Prima di quell’episodio c’erano state specifiche avvisaglie, dopo ci furono dichiarazioni ufficiali, ma a lungo si faticò a credere che quella fosse effettivamente la fine degli Oasis.

D’altra parte era già successo e, nel tempo, quelle turbolenze erano diventate un tratto saliente della band e non solo: erano ormai una sorta di genere letterario, o un tópos, quantomeno sotto il profilo giornalistico e della pop culture.

Tuttavia, anche una volta realizzata l’effettiva gravità della rottura, la narrazione sugli Oasis s’incanalò subito in un’unica direzione: torneranno / quando torneranno?.

Una direzione ostinata e contraria, impermeabile ad ogni evidenza e, nel tempo, ciclicamente rivampata da iniziative d’archivio come le riedizioni degli album, o i documentari “Supersonic” o “Knebworth 1996”, oltre che dagli spunti revivalisti di Liam Gallagher.

27 agosto 2024: esattamente quindici anni dopo l’infausta serata parigina (e, curiosamente, a trenta dalla pubblicazione di “Definitely Maybe”), ci troviamo di fronte alla materializzazione di quegli infiniti rumors: i fratelli hanno fatto pace, il vessillo degli Oasis sventolerà ancora nel 2025 per una serie di concerti, nessuno sul Continente, che prevedibilmente andranno sold out in un secondo.

Il tono dell’annuncio è ovviamente epico.

La domanda esatta, più che “come si è arrivati fin qui” forse dovrebbe essere “cosa ha convinto Noel Gallagher?” – perché, appunto, fosse stato per Liam le cose tra i due si sarebbero sistemate molto prima.

Si dice che il divorzio da Sara MacDonald – risalente allo scorso anno – possa aver avuto un certo peso, sia relazionale (parrebbe che Liam e Sara non si fossero mai andati a genio) sia economico (sarebbe costato una ventina di milioni – tantini anche per uno con un patrimonio spropositato).

Forse Noel, negli anni, ha guardato da lontano ciò che combinava il fratello e concluso che possa essere diventato una persona più affidabile e meno bizzosa – l’ondivaga condotta professionale di Gallagher jr. è sempre stata un tema.

O magari ha apprezzato il fatto che Liam abbia sempre tenuto viva la fiamma degli Oasis, e anche grazie a questo il brand non è mai mai scomparso dall’immaginario collettivo e le sue tasche (in particolare) non hanno mai smesso di riempirsi.

O, forse, semplicemente, entrambi si sono resi conto che la legacy degli Oasis è troppo enorme per essere ignorata – gli Oasis sono diventati una vera e propria band generazionale – e che se non ora quando? Sia dato alla gente ciò che la gente vuole.

Una fantasia per i più battaglieri: i Gallagher si erano stufati di vedere gli stadi traboccanti di swifties e hanno voluto (anche) riportare il rock’n’roll al centro del discorso – d’altra parte, sono ancora gli unici a poterlo fare.

E poi: chi ci sarà con loro? I ben informati dicono che si tratterà della lineup degli High Flying Birds, il che è positivo per la presenza di Gem Archer (che ha le credenziali, cioè un pesante passato negli Oasis) e Chris Sharrock (che fu il batterista proprio per il tour di “Dig Out Your Soul”) – ma sarebbe molto bello se facessero una telefonata ad Alan White (anche solo per capire che fine abbia fatto), mentre ovviamente ripescare Tony McCarroll è fuori discussione.

Allo stesso modo nessuno potrebbe seriamente attendersi di rivedere Guigsy; però, Bonehead? In fondo ha passato gli ultimi anni a suonare con Liam. Andy Bell? Irrealistico; anche se alla pari di Archer ha alle spalle un decennio con gli Oasis, ha da tempo riunito la sua banda e sembra legittimamente impegnato in altro.

Onestà intellettuale, però, impone anche di riconoscere che si tratta di un dettaglio poco significante – gli Oasis sono Liam e Noel Gallagher, il resto del cast non è mai stato fatto di personalità imprescindibili (del tipo: Led Zeppelin).

A quando un nuovo album? Questo quesito muove soprattutto da un dato verosimile: Noel Gallagher ha cassetti pieni di brani e tra questi c’è sicuramente qualcosa di adatto.

Sarebbe importante. Ogni tanto le reunion portano a nuove fasi creative (Blur, Ride, Pixies, Dinosaur Jr.), ogni tanto ogni buon intento naufraga in mezzo a vecchi rancori (Stone Roses), ogni tanto si tira solo innanzi insensatamente (Who) – sarebbe certo auspicabile che il tutto non finisse in una serie di concerti buoni solo per la nostalgia.

Pian piano ogni domanda troverà risposta e si può immaginare, come sempre, non sarà banale o sarà, quantomeno, sufficientemente divertente.

Le parole al miele di Noel per il fratello, qualche giorno fa, suonavano strane (anche se coerenti con quanto ha sempre detto), ma certo non si poteva arrivare a pensare nascondessero gli eventi disvelatisi nelle ultime ore.

Se per quindici anni gli Oasis sono rimasti così ben piantati nel nostro immaginario collettivo e se la possibilità di una loro reunion è diventata sostanzialmente una ossessione non è solo per la musica in sé e non è solo retromania (tutt’altro: in qualche modo furono gli Oasis stessi ad introdurla nelle nostre coscienze, negli anni ’90).

È anche perché non è difficile immedesimarsi nelle vicende dei Gallagher: chi di noi non ha un parente – prossimo o meno – con il quale eviterebbe volentieri di avere a che fare? Chi di noi, sotto sotto, non ha mai faticato a sopportare un proprio fratello, sorella, cugino o zio? A chi di noi non è capitato di pensare (o magari ne é proprio convinto) che i legami di sangue siano un po’ una fregatura?

Si tratta di rapporti familiari, volatili nelle loro dinamiche e impossibili da sciogliere nonostante tutto. Rimanere litigati per sempre è quasi impossibile.

Quindi, sotto sotto, fan o meno, abbiamo tutti pensato che Liam e Noel prima o poi si sarebbero parlati e risolto ogni questione.

Abbiamo anche dato per scontato che l’esito della discussione sarebbe stato quello di tornare sul palco insieme. Ma i due avrebbero potuto benissimo riappacificarsi e poi scegliere di rimanere ciascuno sui propri binari.

Ma che lo abbiano fatto per soldi, per dare alla gente ciò che vuole la gente o altro ancora o tutto insieme – forse poco importa perché il punto è un altro.

Ci troviamo al crepuscolo dell’era dei miti. Sarà difficile che tra cinquant’anni qualcuno guardi agli artisti di oggi come noi oggi guardiamo a quelli di ieri, quel poco che sarà in grado di durare sarà rilevante solo in determinati contesti perché – salvo enormi sorprese, per come si muove oggi la società occidentale – non assumerà una rilevanza trasversale come poteva accadere nello scorso millennio. Non è meglio o peggio, è diverso.

Gli Oasis sono l’ultima rock’n’roll band soprattutto in senso cronologico: nessuno, dopo di loro, in quel campo si è trasformato (o potuto trasformare) in un fenomeno di simili proporzioni.

Alla fine la febbrile allucinazione collettiva di vederli ancora insieme si è materializzata e va bene così a prescindere dal motivo.

C’è che non ci avrebbe scommesso un penny, chi pensa che non arriveranno nemmeno alla prima delle date previste prima di implodere di nuovo, chi li vedrà di nuovo e chi li vedrà per la prima volta, c’è chi è ancora incredulo, chi viaggerà migliaia di chilometri per provarci.

Magari ultimi romantici avrebbero preferito che la loro avventura fosse consegnata alla Storia senza un sequel, alla maniera dei Beatles o degli Smiths.

Ma è l’ultimo giro di giostra, the last dance: godiamocelo e basta.

L’articolo, nella sua forma originale, è contenuto su ‘Non siamo di qui’ che ringraziamo per la gentile concessione.