Quando ti trovi, quotidianamente, davanti ad immagini di morte che hanno come protagonisti, soprattutto, dei bambini e, in generale, le fasce più deboli ed indifese della popolazione civile, e tu sei un musicista affermato e di successo, in grado di convogliare su di te una forte attenzione mediatica e, magari, ispirare le persone comuni a prendere una posizione, come devi comportarti?
E’ ovvio e giusto che ciascuno agisca secondo quelle che sono la propria coscienza e la propria sensibilità.
C’è chi sceglie un imbarazzante silenzio e, nei fatti, si rende complice del massacro che l’esercito di un paese civile e democratico, ormai ostaggio dei movimenti e partiti politici più oltranzisti ed estremisti dell’ultra-destra, opera nei confronti di una comunità, ingabbiata e reclusa, da decenni, in quella striscia di terra che è, in tutto e per tutto, una prigione a cielo aperto e c’è chi, come Nick Cave, pur comprendendo – viste anche la proprie vicende personali – quanto possa essere atroce, profondo ed interminabile il dolore per la perdita di un figlio, sceglie di sostenere, con le proprie parole e le proprie scelte, un governo che, in realtà, è sempre più simile ad un regime; un regime responsabile di quello che, da più parti, è considerato, ormai, un vero e proprio genocidio.
Nick Cave, mi dispiace, ma un artista del tuo spessore e della tua umanità, per quanto mi riguarda, non può e non deve derubricare, come hai recentemente dichiarato, la morte ingiusta di civili innocenti ad una serie di “complicazioni”, perché non si tratta di “complicazioni”, ma di persone; persone che avevano una vita, una casa, una famiglia, degli amici, dei genitori, una storia, un nome. E’ nostro dovere morale, soprattutto se siamo degli artisti famosi, non dimenticare questi nomi. Non dobbiamo dimenticare, è ovvio, i nomi delle vittime del 7 Ottobre 2023, così come non dobbiamo dimenticare i tanti, troppi nomi che, per ordine di un primo ministro, folle e sanguinario, un esercito moderno, preparato e ben armato, come quello israeliano, sta, letteralmente, cancellando per sempre.
Ormai – e questo è un fatto evidente – Benjamin Netanyahu non ha più il sostegno del proprio popolo e persino lo storico amico americano, sempre pronto a sostenere la bellicosità israeliana, sta, apertamente ed aspramente, criticando il suo operato. Quindi, è fondamentale, in questo momento storico, affinché le violenze possano terminare e affinché gli ostaggi israeliani superstiti possano, finalmente, fare ritorno ai propri cari, che anche il mondo dello spettacolo faccia sentire la propria voce e l’unico modo per farlo è sostenere, senza se e senza ma, senza alcuna ipocrisia morale, il boicottaggio culturale in atto nei confronti di Israele e del suo governo, rifiutando di esibirsi e di organizzare spettacoli in questo paese, almeno finché questa innaturale spirale di morte, che obbliga i genitori a seppellire i propri figli e le proprie figlie, non abbia fine.
Nick, non sono Roger Waters o Brian Eno ad essere “imbarazzanti”, quanto, piuttosto, sei tu ad eccedere, pericolosamente, su una strada di auto-referenzialità e di narcisismo che è preoccupante e meschina. Personalmente, per quanto mi riguarda, restano scolpite, nella mia mente, le immagini conclusive del concerto di The Murder Capital, a Giugno, a Ferrara, nella preziosa cornice del castello Estense, quando James McGovern mostrò al pubblico il vessillo rosso, nero, bianco e verde della Palestina. Artisti, come Nick Cave ed anche Thom Yorke, hanno, spesso, sostenuto che non è giusto e utile punire le persone comuni di Israele a causa delle azioni del proprio governo, mostrando, nei fatti, una certa sensibilità nei confronti degli appassionati israeliani. Questo è vero, nessuno lo nega e nessuno pensa che il popolo di Israele coincida, necessariamente, con il governo di Israele. Siamo, ovviamente, tutti d’accordo col fatto che la musica, in particolare la musica rock, debba abbattere i confini e non sostenerli, ma, allo stesso tempo, dove sono la medesima compassione e la medesima sensibilità nei confronti del popolo della Palestina, quello che, in realtà, sta subendo questo sistematico tentativo di cancellazione ad opera di Netanyahu e dei partiti oltranzisti che lo sostengono?
Cosa pensate sia più opportuno: suonare in Israele, perché non è bello privare gli appassionati israeliani dei vostri show – “dispiacendovi”, nel frattempo, per i morti palestinesi – oppure rinunciare ai questi show e lanciare un messaggio, forte e chiaro, a quel governo, tentando, in tutti i modi possibili, di isolarlo e tenerlo sotto pressione, nonché cercando di spronare la popolazione civile di Israele – come sta, effettivamente, facendo – a prendere una posizione netta e decisa contro le scelte del proprio governo?