Credit: Matteo Bosonetto

Ultima grande giornata dell’edizione di questo “nuovo” TOdays (qui per vedere com’è andata con gli LCD SoundSystem), caratterizzato in primis dal cambio location: se prima lo spazio prediletto era l’area all’aperto di Spazio211, centro giovanile per pochi intimi – con capienza di 2000, forse 2500 persone? Non sarò un genio a calcolare la quantità dei presenti a un evento solamente vedendoli, ma una cosa è certa: il Parco della Confluenza, nell’ultimo giorno di TOdays 2024, ha fatto il pienone per i Massive Attack. Quasi 10.000 persone in visibilio, ipnotizzate da Del Naja e Daddy G. Proprio come dovrebbe essere. Giusto qualche sclero per l’incapacità di vedere qualcosa se non da lontano o da estremamente vicino (visto il terreno praticamente piatto), ma l’aspetto dell’acustica è stato inaspettatamente positivo.

Più che un semplice concerto è stato un manifesto politico, una protesta collettiva: a fare da sfondo a pezzi iconici come “Inertia Creeps” troviamo video di Gaza, dell’Ucraina, di discorsi di Netanyahu e Putin (entrambi accolti con sonori e numerosi fischi dal pubblico), contrapposti a video di puro benessere ambientati negli Stati Uniti. Non solo: video contro il complottismo, frasi che ti rimbombano in testa e ti fanno realizzare quanto sia surreale la situazione odierna; scorrono numeri vari, sempre più alti, come i rifugiati palestinesi (sopravvissuti alla nakba inclusi) che si vedono negato il diritto legale riconosciuto a livello internazionale di tornare nella loro patria (7.200.000), o i finanziamenti statunitensi ad Israele, destinati ad acquistare ogni anno attrezzature militari (3.300.000.000, e fa anche orrore il pensiero di aver dovuto contare quanti zero ci fossero nella cifra).

Uno schiaffo in faccia, forse, avrebbe fatto meno male. Forse. Proprio per questo però era tremendamente necessario uno spettacolo del genere, un appello alle coscienze che ricordasse che la musica, in particolare live, è aggregazione, condivisione del proprio io, a volte urlare in faccia a tutti quanti il proprio disagio – e cosa c’è di più politico di questo?

A supportare la causa perorata da 3D e Daddy G ci pensano anche la meravigliosa Elizabeth Fraser (sì, proprio la vocalist dei Cocteau Twins, in “Black Milk”, la celebre “Teardrop” e “Group Four”), Horace Andy (in una spettacolare “Girl I Love You” e la meravigliosa “Angel”), Deborah Miller (in “Safe From Harm”) e “Unfinished Sympathy” e infine gli Young Fathers, che portano sul palco quella magnifica tripletta costituita da “Gone”, “Minipoppa” e “Voodoo In My Blood”. Niente opening act per questo concerto, ma vista la qualità degli ospiti non ce ne lamentiamo.

Potremmo dire che è stato sì il concerto dei Massive Attack, ma anche un po’ di tutti, di icone della musica ma anche del popolo, in uno spirito collettivista che si può riassumere nelle ultime frasi proiettate sullo schermo: “La promessa dell’individualismo era che saremmo stati tutti liberi, che sarebbe stato tutto nella tua testa. Che più andavi in profondità e meno avresti trovato. E se non ci fosse stato nulla laggiù?  Se quello che senti e i tuoi pensieri venissero da qualche altra parte?”

Faccio una piccola digressione a riguardo: post concerto ho sentito un uomo lamentarsi sulla “pesantezza” dello spettacolo, dicendo che era “troppo politico”, che “non c’era poi bisogno di metterci in mezzo certe questioni”. Ecco, se è questa la vostra mentalità non pensateci nemmeno ad andare a un concerto dei Massive Attack. Chiudete gli occhi, continuate a vivere senza spirito critico, magari lasciandovi guidare da complotti e l’ennesima fake news reperita da fonti di dubbia veridicità. Non che dobbiamo miracolosamente diventare tutti Greta Thunberg o chissà chi, attenzione: dobbiamo però sempre ricordare che nessuno si salva da solo, che prima che artisti, spettatori, lavoratori e tanto altro siamo esseri umani. E se questo, purtroppo, a volte passa in secondo piano, meno male che arrivano i Massive Attack a tirarci qualche sberla per ricordarcelo. Magistrali.