Blues, country, folk hanno affascinato  Ray LaMontagne fin da giovanissimo, conquistandolo definitivamente durante un concerto di Townes Van Zandt in un piccolo club di Minneapolis. Un artista che ancora oggi è tra le sue principali fonti d’ispirazione, per la capacità di amalgamare i tre stili cardine della musica a stelle e strisce che hanno dato origine a mille combinazioni e sottogeneri.

Credit:  Brian Stowell

Molti li ha sperimentati anche LaMontagne fin dal 2011 e da quel disco fortunato – “God Willin’ & the Creek Don’t Rise” – che gli ha permesso di vincere un Grammy e di arrivare ai primi posti delle classifiche inglesi e statunitensi. Ora arriva l’album numero nove: “Long Way Home” prodotto insieme a Seth Kauffman (Floating Action, Angel Olsen, Lana Del Ray).

Nove brani che uniscono l’innocenza della gioventù evocata nella spensieratezza del singolo “Step Into Your Power” e le molte battaglie combattute, alcune vinte molto più spesso perse, dell’età adulta.  Momenti decisamente autobiografici,  un pizzico di atmosfera gospel, numerosi personaggi (quelli di “And They Called Her California”, “My Lady Fair”) che Ray LaMontagne sa descrivere con l’umanità che lo contraddistingue.

Dice di avere ancora molto da imparare ma la rotta è ormai ben tracciata ed è interessante notare come non si sia montato la testa nonostante i risultati raggiunti. Una nuova serenità, quella di “I Wouldn’t Change A Thing” e della title track, di “The Way Things Are” è il regalo di una piacevole maturità in un disco di onesto e moderno country folk.