“It’s the fifth Duster album, ok” puntualizzano i Duster sulla loro pagina Bandcamp dove “In Dreams” è apparso a sorpresa un venerdì di fine agosto ed è anche il secondo dopo l’addio di Jason Albertini che ha lasciato Clay Parton e Canaan Dove Amber a occuparsi di un progetto musicale dalla visione sempre più elegante, sulla scia di “Duster” e “Together” dopo l’imprevista e gradita reunion del 2019.
C’è molto da scoprire in questi quarantatre minuti. L’inizio è affidato agli accordi più dolci, quelli di “Quiet Eyes” con le sue armonie gentili e aggraziate che contagiano anche l’intensa “Aqua Tofana”, rumorosa e dinamica è invece “No Feel” con un bel crescendo. “Starting To Fall” e “Close to Home” puntano tutto sull’accordo tra voce e chitarre, “Isn’t Over” cerca la melodia perfetta.
Le cose si fanno ancora più interessanti da “Cosmotransporter” in poi, con il ritmo che diventa incalzante e vicino al dream pop, il fascino di “Black Lace” pieno slowcore con chitarre d’impronta shoegaze, la tenacia di “Space Trash”e la profondità della splendida “Baking Tapes”. Finale melodico e rarefatto con “Like a Movie”, “Poltergeist”e “Anhedonia” che chiudono un viaggio onirico che trasporta verso altre dimensioni.
I sogni dei Duster popolano un album solido, da ascoltare apprezzandone i dettagli, senza aspettarsi drastiche rivoluzioni o cambi di stile. Aggiungono qualche elemento in più ma non cambiano strada, convinti che ci sia ancora posto nel nuovo millennio per le chitarre fuzzy e avvolgenti e i testi spesso sussurrati, tanto amati da quei fan che li hanno convinti a riprovarci qualche anno fa.