Gli scozzesi Nightshift hanno appena pubblicato il loro secondo album (se si esclude la raccolta di demo “Made of the Earth” ) “Homosapien” a tre anni dal loro esordio “Zoe” che li aveva portati alla ribalta per il loro post punk che mescola varie influenze, un sorta di art punk brillante, a volta “stravagante” ma immediato e coinvolgente. C’è stato un cambio di formazione che ha rallentato l’uscita dell’album ma tutto si è aggiustato con lo spostamento di Chris White (Spinning Coin, altra eccellente band di Glasgow) dalla sua amata batteria alle chitarra. A Eothen Stearn (voce) e Andrew Robert Doig (basso e voce) si è ultimamente aggiunto Rob Alexander al seggiolino della batteria rimasta scoperta.

Credit: Nightswift

Dal punto compositivo regna una sorta di democrazia dove ogni singolo componente è libero di comporre e completare i vari brani con il proprio contributo. Così possiamo ascoltare Rob cimentarsi alla fisarmonica e al pemperino (un flauto a fischietto molto usato nella musica popolare britannica), mentre Eothen aggiunge alla sua voce la tastiera, il rullante e le percussioni.

La band sa mescolare atmosfere giocose e briose a momenti più seri e severi enfatizzati dai testi che dipingono la società britannica post Brexit, caratterizzata da un costo della vita drasticamente aumentato e uno spostamento verso una destra estrema anche dei ceti più popolari.
Temi scottanti come governi “fascisti” e lotta fra poveri aprono l’album con il brano “Crystal Ball”. La chitarra ipnotica di Chris viaggia per tutto il brano crescendo d’intensità quando il suono si carica di distorsioni.

Il violino di Ray Aggs (Shopping/Sacred Paws/R.AGGS) aggiunge un tocco classico alla dolce “Sure Look” e al già singolo “Phone”, due brani che parlano di sentimenti.
Andrew Robert Doig canta in “Together We Roll” e “Mellow Baby”. Nel primo brano ci imbattiamo in tastiere alla Manzarek, una versione più disinvolta di “Riders on the Storm” ma qui non si racconta dell’autostoppista assassino ma della capacità della band di superare le difficoltà.
“Mellow Baby” è una piacevole e fragile ballata dedicata al piccolo figlio di Chris.

I suoni si fanno più grezzi e ruvidi in “Your Good Self” breve pezzo con un assolo di batteria che spezza il brano in due, ottima l’amalgama degli strumenti con la voce di EO dal piglio indolente. C’è pure il disordinato trombone di Chris Wallace a creare confusione nella parte centrale…e tutto questo in un minuto e cinquantasette secondi!
Altra perla della band di Glasgow è indubbiamente “Cut”. Se il testo riguarda i tagli del governo inglese ai fondi per le vittime di violenza domestica, la parte musicale è lenta, il flauto e la fisarmonica donano quel tocco folk che rende il brano attraente, immergendoci in atmosfere medioevali.
La pimpante “Crush”, la pulsante e languida “S.U.V.”, la drammaticità di “Side Effects” e l’ingenuità compositiva di “”Y.T. Tutorial” mantengono alta l’attenzione e l’interesse.

Con i Nightshift Glasgow ha un’altra band di cui essere fiera.