Giunto al terzo lavoro a nome Black Snake Moan (moniker che rivela delle chiare influenze musicali da riscontrare nei maestri del Delta-blues), Marco Contestabile dimostra di saper ormai maneggiare la materia con assoluta padronanza.
“Lost in Time” infatti delinea al meglio certe coordinate stilistiche di derivazione americana ma al tempo stesso offre soluzioni differenti, andando a innescarsi in fitte trame psichedeliche, che aggiungono un aura di mistero al tutto.

Credit: Stefano Dili

È un genere quello proposto dal Nostro che sembra fregarsene delle mode, per quanto in Usa (ma non solo) non siano certo pochi gli artisti ad aver raggiunto un pubblico trasversale, ma si sa in Italia si è sempre un po’ più tradizionalisti, anche quando ci si deve approcciare a un disco cantato in lingua inglese.

Non potrebbe essere altrimenti però per queste nove tracce che trasudano passione e grande rispetto per la tradizione, nonostante, come detto, con il tempo siano stati diversi gli ingredienti inseriti nella ricetta musicale di Black Snake Moan.

Si tratta di un rock vivo, pulsante, certamente desertico, se mi si passa il termine, ma allo stesso tempo in grado di espandersi con le sue derive di matrice folk e space.

“Dirty Ground” apre le danze in un tono apparentemente minaccioso ma è un preludio idoneo per immergersi sin da subito in altri mondi sonori: “Light the Incense” ha un chè di esoterico – e non sarà nemmeno l’episodio più saliente in tal senso – e introduce a sua volta uno dei brani migliori del lotto, vale a dire “Come on Down”.

È questo un pezzo che mostra la piena versatilità dell’autore, impegnato in una performance vocale di prim’ordine, che può ricordare il grande Jim Morrison; Doors che riecheggiano anche grazie a un arrangiamento particolare in cui fa capolino l’organo Hammond.

Dicevamo dei suoni esotici, che qua e là emergono conferendo nuove sfumature: accade ad esempio nell’affascinante “Shade of the Sun”, oppure nell’ipnotica “Put Your Flowers” e in “Goin’ back”, entrambe intrise di suggestioni sixties. Da segnalare in “Sunrise” la presenza al basso e alla voce di Roberto Dell’Era.

Quella di Black Snake Moan è musica che potremmo definire evocativa, sia per l’immaginario suggerito che per le atmosfere che ne derivano.