È un power pop di pregevole fattura quello che ci offrono gli sconosciutissimi Silk Cut nei quaranta minuti del loro secondo album, pubblicato ad appena un anno di distanza dall’esordio intitolato “Our Place In The Stars”. Seppur attivo da poco tempo, il quartetto neozelandese può far affidamento su un importante bagaglio di esperienze collezionate in passato dai non giovanissimi Andrew Thorne (ex Thorn, Splitter e Calico Brothers), Aidan Phillips, Jayden Lee e Justin McLean.
Siamo quindi al cospetto di una band sì nuovissima, ma già piena di idee ben definite e padrona di uno stile musicale ricco di screziature. Il power pop dei Silk Cut ha un cuore che pulsa sangue “vintage”: le influenze del gruppo si concentrano in un periodo che va dagli anni ’60 degli Zombies ai ’90 dei Teenage Fanclub. Il legame con il passato è fortissimo ma, fortunatamente, non si sconfina mai nei territori del manierismo o della nostalgia fine a sé stessa.
La band punta forte su un rock corposo ma estremamente raffinato, curatissimo per quanto riguarda il lato melodico/armonico, che tende a distinguersi dal consueto power pop moderno – quello che, sempre più spesso, confondiamo col pop punk – grazie alla sua natura “colta”, mutante e contaminata. Sonorità psichedeliche, shoegaze, jangle pop e dream pop fanno da cornice a undici canzoni non indimenticabili ma sicuramente assai piacevoli da ascoltare. Le migliori, a mio parere, sono “The Transfer”, “Punches” e “Turning The Whole World On”.