Synth pop per tempi apocalittici o industrial rock per cuori romantici? Le otto canzoni di “Fault Lines²” sembrano volersi collocare esattamente nel mezzo di queste due distinte sfere sonore. Chris Corner gioca con le innumerevoli ambiguità che contraddistinguono la sua personalissima visione di musica elettronica – pura atmosfera sintetica dai toni dark ed eleganti – per dar vita a un album pregno di pathos. Un disco profondo e drammatico che lo storico fondatore degli Sneaker Pimps utilizza come strumento ideale per scavare nelle sue emozioni più complesse e dolorose.
Nel seguito diretto di “Fault Lines¹”, uscito appena un anno fa, troviamo tutte le caratteristiche che hanno contribuito al successo dell’ormai “antico” progetto IAMX: i suoni sintetici e ricchi di texture, con bassi pulsanti, ritmi incalzanti e melodie costruite su intricati arpeggi di sintetizzatori; il mood perennemente dark e malinconico che ben si sposa con lo stile dei testi e del look di Corner; la vocalità estremamente espressiva (un po’ alla Matthew Bellamy dei Muse) del talentuoso cantante e polistrumentista inglese, capace di dare il meglio di sé tanto nei momenti più delicati quanto in quelli più intensi, in pagine intrise di dramma che alternano sussurri tendenti al falsetto a urla cariche di cupa disperazione.
Il Chris Corner di “Fault Lines²” non lascia nulla al caso e, rispetto al passato, dimostra di voler dedicare maggior attenzione ai minimi dettagli. Gli arrangiamenti cesellati e abbondanti infondono sì un tocco di maestosa raffinatezza a un’opera che, come già suggerito a inizio recensione, sprizza drammaticità da ogni singolo poro; ma alla fine dei 37 minuti del disco – che di certo non un’infinità – si resta con un leggero giramento di testa. Tutto risulta essere troppo epico, grandioso e solenne in questo breve ma apparentemente infinito viaggio synth pop. In parole povere: un polpettone industrial.
Un ascolto “pesante”, a tratti persino noioso, che nel complesso però riesce a non deludere grazie al classico, inesauribile talento di Chris Corner. Gli sarebbe bastato puntare a soluzioni più essenziali, tenendo il più possibile a bada la sua grandeur compositiva, per regalarci un album assai migliore. E alla fine si resta con un pizzico di amarezza, nonostante l’indubbia qualità che contraddistingue canzoni degne di nota quali “Neurosymphony”, “Conflict Medication” e “The Ocean”.