Venticinque fa uscì nei negozi di dischi l’album d’esordio di una band destinata a lasciare un segno nella scena rock tricolore: il suo nome è Verdena. Così fu intitolato anche quell’album già molto atteso dopo il grande exploit del singolo “Valvonauta”. Al periodo non era certo scontato e facile che accadesse, non come nel mondo musicale odierno, dove siamo soliti ormai vedere trasformarsi in “star”, musicisti e gruppi la cui esistenza era pressochè sconosciuta prima del fatale passaggio televisivo in un talent o nell’altro.
No, i Verdena, formatisi negli anni ’90 giovanissimi, con il leader Alberto Ferrari ventenne, il fratello batterista Luca ancora minorenne e la bassista Roberta Sammarelli di poco più grande, rappresentavano l’opposto (e lo sono ancora adesso) di tutto ciò che possiamo pensare come creato a tavolino. Niente di costruito, di effimero, se è vero che non si sono mai fermati da allora, compiendo notevoli passi in avanti in carriera, senza mai snaturarsi.
Di strada ne hanno fatta evidentemente tanta, ma tutto partì da qui, da un album che è stato rimasterizzato e pubblicato nei giorni scorsi in versione deluxe in occasione del ventennale.
Originari dei monti della bergamasca, amanti del rock nelle sue forme più lisergiche e psichedeliche, erano musicalmente forse più riconducibili ai ’70 che non a quei ’90 loro coevi, anche se specie nella figura dei grandi Nirvana vennero sistematicamente accostati durante i loro primi vagiti.
Alberto e soci in realtà sembravano davvero delle mosche bianche, emersi d’improvviso e non appartenenti di primo acchito a nessuna delle scene musicali che finalmente anche in Italia stavano facendo capolino.
Avevano già fatto tempo a cambiare nome, da Verbena tolsero la “b” già in uso a un altro oscuro gruppo americano, avevano messo a punto le loro prime canzoni, frutto di prove appassionate e sfiancanti (già perfezionisti com’erano) nella loro sala, ormai famosa per essere stata in passato un pollaio, e tra le prime fans avevano niente meno che la madre, poi abile scopritrice di talenti e discografica (quando si dice: non tarpare le ali ai propri figli…). Ma soprattutto c’erano gli ingredienti vincenti: l’attitudine, la qualità , il talento, tutti messi al servizio di canzoni fresche, genuine, dotate di quell’irruenza (senza irriverenza, però) tipica della gioventù e di melodie vincenti a presa rapida.
“Valvonauta”, dicevamo all’inizio del pezzo, e forse per una volta nessuno ci sgriderebbe se si decidesse di fermarci qui in sede di presentazione, visto lo status di classico del rock italiano assurto nel tempo.
Si tratta di un brano, questo sì, intriso dell’aura sacra del grunge, con Cobain come nume tutelare. Misterioso nei suoi versi, a tratti poco intellegibili (fatto che diverrà presto autentico marchio di fabbrica di Alberto) e dirompente nei suoni, sin dalla efficacissimo intro. E che dire dell’iconico video, finito ben presto in heavy rotation e adottato sia da Mtv Italia che da Video Music/Tmc2? Ah! Che bei tempi…
Adatta al pogo, certamente, come tante che composero questo epocale esordio, ma tra le pieghe dei brani si possono già intuire certe interessanti divagazioni che verranno con gli album a venire, quando davvero i Verdena seppero smarcarsi da etichette assai scomode, oltre che limitanti.
L’inizio con “Ovunque” non lascia indifferenti, con la sua musica serrata, velocissima, e quelle urla un po’ sguaiate, mentre più articolate sono “Pixel”, meno punk e più hard rock (alla Smashing Pumpkins, se vogliamo), la dilatata “L’infinita gioia di Henry Bahus”, o la conclusiva “Eyeliner”, progenitrice di futuri capolavori verdeniani.
11 tracce che sono giocoforza acerbe ma che possiedono come detto i semi di molte cose che verranno, nelle note cupe di “Vera”, nelle abrasioni sonore di “Dentro Sharon”o nel ritratto di “Zoe”. C’è pure spazio per uno strumentale, il pacato “Caramel Pop”, a staccare un po’ la tensione emotiva, anche se poi i Nostri riattaccano con “Viba”, altro fortunatissimo singolo con le stimmate del successo, sin dalle prime note di chitarra.
I Verdena riuscirono quasi miracolosamente a mettere d’accordo critica esigente e pubblico giovanile: i detrattori sarebbero arrivati di lì a poco, in fondo chi è immune da qualche voce fuori dal coro? E nemmeno Alberto, Roberta e Luca sono esenti da giudizi negativi, ci mancherebbe.
Da 25 anni a questa parte, però, pur cambiando faccia, pelle, maturando e crescendo, hanno sempre voluto coraggiosamente alzare l’asticella della qualità e della ricerca musicale.
Se ne sono fregati di mode e tendenze, rifuggendo oltretutto le attenzioni morbose e tutto ciò che può allontanare dalla musica, anche isolandosi talvolta e facendo parlare di loro solo per i dischi sempre più strutturati e di alto livello. Va detto però che le canzoni non saranno mai più così immediate e di forte impatto come quelle che compongono questo clamoroso album di debutto.
Verdena – “Verdena”
Data di pubblicazione: 24 settembre 1999
Tracce: 12
Lunghezza: 46:24
Etichetta: Black Out/Universal
Produttore: Giorgio Canali
Tracklist:
Ovunque
Valvonauta
Pixel
L’infinita gioia di H.B.
Vera
Dentro Sharon
Caramel Pop
Viba
Ultranoia
Zoe
Bambina in nero
Eyeliner