Un album per sognare, per muoversi con la mente mentre il corpo è fermo. Un album che non ha confini e non ha barriere, un album aperto fin dalla sua lineup, strutturata per muoversi intorno a Ivo Watts-Russell e John Fryer. Un supergruppo si potrebbe dire adesso, ma qui a me interessa poco parlare dei componenti, anche se poi come fai a non citare, ad esempio, Liz Fraser e Robin Guthrie dei Cocteau Twins?

Un mondo etereo e visionario, tanto sospeso e impalpabile quanto scuro, catartico e cristallino. Uno di quei mondi che non poteva non affascinare colui che squarci visivi e sonori li ha sempre costruiti a modo suo, ovvero David Lynch, che userà l’immortale “Song to the Siren” (forse il brano più conosciuto del disco e della band) per il suo “Strade Perdute”. Ma al di là del riconoscimento che ne dà il maestro Lynch è proprio il valore in sè dell’album che è impossibile non notare: un disco che diventa espressionne sonora magica e affascinate dell’etichetta che lo ha pubblicato, ovvero la 4AD.

4AD e This Mortal Coil, uniti nella new wave, uniti nella malinconia, uniti nello struggimenti passionale e intenso, in un tracciato fatto di delicatezza e simbolismi, di rigore e minimalismo, ma anche magniloquenza austera e irresistibile. I tratti sono tanto dolenti e grevi quanto capaci d’infondere serenità e rele spiritualità, come se ci trovassimo di fronte a una funziona sacra, religiosa eppure profondamente laica a cui possiamo assistere in rigoroso silenzio, con la pelle d’oca, completamente catturati da voci che solo le sirene di Ulisse avrebbero potuto produrre. Il disco è composto da strumentali originali e splendide cover che vanno a ricordare e omaggiare eroi come Tim Buckley e Alex Chilton, tanto per citarne due: c’è uno studio, una scelta oculata sia nei titoli che nella riproposizione, niente, in questo rito, deve essere lasciato al caso.

Certo, c’è anche qualcosa di ben più vivace, carico e spigliato, basti pensare alla cover di “Not Me” di Colin Newman, eseguita Robbie Grey dei Modern English: un momento doveroso per riprendere fiato, per stemperare quell’atmosfera che però non ci è mai apparsa troppo pesante o soffocante, no.

Se dico che “It’ll End In Tears” potrebbe essere accomunato a un disco di preghiere potrei portare fuori strada il lettore, ma questo è il modo in cui io lo percepisco. Vere e proprie preghiere in musica, toccanti come non mai.

Che disco meraviglioso…

Pubblicazione: 1 ottobre 1984
Genere: Dream pop, ethereal, wave gothic rock,
Lunghezza: 44:12
Label: 4AD
Produtore: John Fryer, Ivo Watts-Russell

Tracklist:

1 Kangaroo
2 Song to the Siren
3 Holocaust
4 Fyt
5 Fond Affections
6 The Last Ray
7 Another Day
8 Waves Become Wings
9 Barramundi
10 Dreams Made Flesh
11 Not Me
12 A Single Wish