Certo che, a mio personalissimo avviso, dev’ essere veramente dura la vita dei Pale Waves, ormai ufficialmente uno di quei gruppi che rappresentano in pieno il pensiero di qualche ascoltatore basato sul “in mancanza di quelli veri mi adatto alle copie“.
Mi spiego. La band guidata da Heather Baron-Gracie è perfetta per occupare i tempi morti degli ascoltatori che attendono qualcosa di nuovo da altre band. I fan dei 1975 sono stufi di aspettare il nuovo disco di Matt e soci? Ecco che arrivano i Pale Waves a spezzare l’attesa, sono perfetti nella loro opera di clonaggio. Gli adoratori di Avril Lavigne non ne possono più senza la loro bionda del cuore? Nessun problema, si può sempre usare il nuovo album dei Pale Waves ad ammorbidire l’attesa, i riferimenti alla cantante americana si sprecano. Insomma, abbiamo una band per tutte le stagioni, perfetta per colmare quei vuoti che un povero fan deve sopportare tra i vari capitoli di discografie altrui. Si potrebbe dire che i Pale Waves fanno un lavoro di pubblica utilità, a pensarci bene: apprezzabili solamente per questo voler aiutare giovani fan disperati che non ne possono più di ascoltare vecchie canzoni dei loro idoli e vorrebbero qualcosa di nuovo.
I Pale Waves, con il loro pop adolescenziale che più elementare non si può, si prestano alla perfezione a questo scopo, magari lo fanno pure con piacere (e quindi la mia premessa su quanto sia dura la loro vita musicale va a farsi benedire), godendo nell’assomigliare a destra e a manca a chi volete voi (c’è pure qualche rimando ai Cranberries nel modo di cantare certi brani, giusto per non farsi mancare nulla), in un gioco intercambiabile di canzoncine pop-rock che fanno tenerezza tra banalità assortite, melodie a presa rapida e dimenticanza immediata e personalità che non si vede neanche con il bincolo. Netflix per le sue serie più miserrime per (e su) i giovincelli potrebbe pescare a piene mani di questi 12 brani.
A modo loro, dopo quattro album tutti con questi propositi, una carriera impeccabile.