Grandi ambizioni ma risultanti altalenanti. Arrivata alla sua seconda prova discografica, la cantante e attrice britannica Suki Waterhouse fa il passo più lungo della gamba e inciampa in una raccolta di canzoni sì ben scritte e interpretate, ma dannatamente blande e prive di una personalità definita. Un’opera inutilmente prolissa che si trascina per quasi un’ora regalando tanti sbadigli e ben poche emozioni.

Credit: Bandcamp

A un primo ascolto tutto sembra essere al posto giusto. Il disco è stato pensato proprio per mettere in bella mostra le indubbie capacità e la grande versatilità di Suki Waterhouse, una brava artista che sa scrivere brani coesi anche se stilisticamente eterogenei. Nonostante la sua natura composita, “Memoir Of A Sparklemuffin” non riesce però a districarsi dalla rete del già sentito e si inserisce nel canale già affollato dei cloni alternative pop di Florence And The Machine.

Musica variegata ma derivativa, fin troppo prevedibile nelle sue evoluzioni e nelle sue strutture. Gli arrangiamenti ricchi ed eleganti non coprono i vuoti lasciati qua e là da un’evidente mancanza di ispirazione di una Waterhouse che, pur sforzandosi, non riesce a dar forme definite e soddisfacenti al suo eclettismo. La sua verve poliedrica regala qualche scossone solo negli episodi più grintosi dell’album, nei quali si respira aria di power pop (“Supersad”) e shoegaze (“Big Love”).

Peccato solo che la gran maggioranza delle tracce di “Memoir Of A Sparklemuffin” siano semi-ballad o ballad noiose e soporifere, leziosamente malinconiche e dolci come nella peggior tradizione di Taylor Swift. I suoni “granulosi” e fintamente lo-fi rendono ancor più faticoso l’ascolto di un disco costruito ad arte per farci credere di essere al cospetto di una piccola enciclopedia dell’indie/dream pop moderno.

Nulla di disastroso, per carità. Però è davvero difficile trovare spiragli di luce in questo doppio album monstre di ben diciotto canzoni talmente poco originali e degne di note da non scalfire quasi mai l’attenzione dell’ascoltatore. Solo un velo di superficiale bellezza ad avvolgere il disco: scavando nel profondo, si trova ben poco.