La nuova via dello shoegaze arriva direrttamente dalla Francia, paese che ancora una volta si distingue per proposte musicali accattivanti e ricche di originalità. Dei favolosi Healees avevamo già parlato per il loro precedente EP, un lavoro che ci aav eva letteralmente fatto impazzire, ma ora ecco che i ragazzi si sono superati. Questo gruppo “multietnico” sta cercando di andare oltre le barriere del genere, creando qualcosa di emozionante, vivo e dinamico e non possiamo non fare loro i complimenti per questo “Coin de l’œil” che ci piace tantissimo.
Quello che i ragazzi francesi portano avanti è uno shoegaze che non ha paura a mostrarsi debitore dei migliori Ride, con alcuni passaggi che non possono richiamare alla mente in modo lampante la band di Oxford, ma questa è la base su cui costruire il proprio percorso, perché quella lezione è conosciuta così bene che ci si può permettere di cambiarla, modificarla, lavorarci sopra. Ecco quindi che dei Ride si prende il lavoro sulle voci, lo struggimento, l’intensità, ma il suono è asciugato, non si punta sulla potenza, ma addiritura si cerca l’eleganza, la pulizia verrebba da dire, pur sembrano un controsenso quando c’è di mezzo lo shoegaze. Ci credete che anche usare la parola jangle-pop potrebbe non essere sbagliato? Non ho paura a dire che, quindi, il disco diventa realmente una pietra di paragone imprescindibile per chi si accosta allo shoegaze in un modo quasi più leggero, unendo in modo bello e prezioso i riverberi con trame più solari e circolari proprie di un certo guitar-pop più brillante.
Gli Healees arricchiscono in modo favoloso la loro tavolozza di colori, con sfumature e suggestioni che non erano presenti nel precedente EP, spingendosi in zone che sanno essere calde e affascinanti (“Drunk”), incalzanti (“White Room”), magicamente circolari in una sublime psichedelia jangle (“Still Ok”), evocative e super melodiche (“Secret Moon”), affascinanti nel creare una pazzesca commistione tra i primi U2 e gli stessi Ride (“Too Soon”, vero punto altissimo del disco) e sognanti e ricche di crescendo epico (“Tiny Head”).
Un disco senza punti deboli. Un disco impossibile da non amare. Siamo in zona album dell’anno.
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