La notizia curiosa è che il titolo del disco, “Synthesizer” nasce dal fatto che chiunque acquisterà il vinile avrà in omaggio un circuito elettrico utilizzabile per creare un sintetizzatore.
Il titolo quindi pare non avere a che fare con il lato più elettronico mostrato dalla band in questo disco e, in effetti, l’elettronica è presente ma non così tanto. Diciamo subito che anche stavolta non c’è niente da fare, questo autunno produce solo bellezza. Pure questo degli A Place To Bury Strangers è un gran bel disco. Che dire, anche per i più accaniti cacciatori di novità a volte c’è bisogno di conferme, di ordinare “il solito” al bar sotto casa. Bene, qui siamo proprio in compagnia del vecchio amico che non si smentisce mai. I Place To Bury Strangers mettono a segno l’ennesimo delitto perfetto. Le chitarre allucinate e allucinanti ci trascinano per tutto il disco senza cedere un millimetro. La band mantiene infatti la sua caratteristica fusione di chitarre distorte, riverberi cavernosi e ritmiche tribali, martellanti. Questo album mette sempre in mostra le loro radici post-punk. Le atmosfere cupe e cariche di tensione rimangono il cuore pulsante del disco. La voce distante ed eterea di Oliver Ackermann si perde tra gli strati sonori, come una figura solitaria in mezzo al rumore. Questo dà alla musica una qualità spettrale, rendendo l’ascolto un’esperienza tanto fisica quanto emotiva. In alcuni momenti, esplosioni di feedback e synth acidi creano una profondità, un buco nero. La pesantezza delle chitarre noise si intreccia con sintetizzatori minacciosi, creando un contrasto che genera un senso di alienazione e ipnotica intensità.
“Disgust” è una vera e propria granata. Come scritto anche altrove, Ackermann suona la chitarra con una mano, lasciando le corde libere di deflagrare. “Don’t Be Sorry” è un duello new wave, sinuoso e scoppiettante. “Fear of Transformation” è un acid-dark che riecheggia i Suicide. “Join The Crowd” è una cavalcata che si perde nella nebbia e poi arriva “Bad Idea”, compendio di noise, new-wave e rumori animaleschi che si stenta a credere arrivino dalle chitarre. “You Got Me” è il pezzo più melodico e nostalgico mentre la successiva “It’s Too Much” è l’esatto contrario, ossia il momento dove elettronica e noise s’incontrano con più decisione. Muro noise sintetico che potrebbe regalare qualcosa di stuzzicante in futuro.
Questo “Synthesizer” suona come rock and roll sintetico suonato in un mattatoio.