Un luogo nel quale si respira la musica; un luogo immaginato attorno alla musica; un luogo nel quale gli anni trascorsi non hanno alcuna importanza, un luogo perfettamente incastonato tra un antico e glorioso teatro romano e un presente che, con tutte le sue morbose ossessioni e con tutte le sue assurde manie, ci sta, oramai, davvero troppo stretto; dunque, perché non oltrepassare il velo delle fissazioni e delle apparenze e ritrovarsi, tutti assieme, in quello che è un giardino magico, pacificatore e terapeutico?
Ed è proprio qui che i Vibravoid offrono in sacrificio, alle divinità floydiane della psichedelia primordiale, tutte le nostre ansie e i nostri incubi peggiori. La coscienza umana, infatti, può trasformarsi in una voragine oscura e minacciosa; il vuoto è un’entità assolutamente concreta e famelica, un abisso distruttivo e mortale al quale dobbiamo rispondere con quei sentimenti, quelle emozioni e quelle percezioni che solo la musica riesce a produrre, a diffondere e ad amplificare, soprattutto quando la sua lingua è quella universale dei feedback, dell’elettricità e del rumore e quando la sua voce è quella delle distorsioni, di matrice seventy, che incendiano l’aria, mescolando, in maniera naturale e spontanea, sonorità krautrock, space-rock e psych-rock. Una sintesi musicale eterogenea che disarma qualsiasi barriera, muro o confine, proponendo quella che è una visione di umanità e di fratellanza, un’idea che tenta di essere più forte di qualsiasi impulso predatore, di qualsiasi comportamento rabbioso, di qualsiasi atteggiamento razzista e di qualsiasi bellicoso tentativo di conquista e di controllo.
Intanto la band tedesca decostruisce il caos quotidiano, facendo sì che il rumore indecifrabile delle CPU, delle intelligenze artificiali e dei loro algoritmi digitali di manipolazione dei dati e degli esseri umani, si tramuti, miracolosamente, nel benefico fragore analogico delle martellanti e incisive ritmiche di batteria e degli assoli di chitarra, mentre le tastiere divagano in un territorio acido, doorseggiante e lisergico, facendo sì che alti e bassi procedano all’unisono verso quella verità che risiede in ciascuno di noi; la medesima verità che possiamo ritrovare nel flusso interminabile delle stagioni, nelle leggi invisibili che regolano i pianeti e le costellazioni, così come nelle esplosioni di pura energia che divampano tra le pareti di questo giardino sonico, echi armoniosi di epoche e di eroi che restano perennemente vivi e attuali, luminosi e brillanti, a testimonianza della nostra parte migliore e di un futuro che auspichiamo essere sereno, equilibrato e melodico.