Un viaggio catartico e introspettivo quello a cui si dedica Rose Nandi Plunkett nel nuovo album “See You At The Maypole” dopo anni che l’hanno vista passare da un periodo estremamente positivo (il matrimonio, la scoperta di una gravidanza a lungo cercata) all’improvvisa e drammatica crisi (la traumatica perdita del bambino, la malattia della suocera).
Gioie, dolori, senso di vuoto e perdita che formano la base di questi diciassette brani. Alcuni facevano già parte dell’EP “Ephemeral Being” uscito lo scorso maggio (“Big Dipper”, “Heartwood”, “Dreaming Of Bears” e “Ephemeral Being” appunto) che a suo modo anticipava il suono di “See You At The Maypole” che sa unire folk ed elettronica tra le note di “Fog Winter Balsam Jade” e “Collect Color”.
L’intensità drammatica dei sintetizzatori di “I – 90″ e la delicata sincerità del singolo “Figurine”, il pianoforte di “Sunset Hunting” che esorcizza il dolore attraverso la bellezza della natura in uno dei momenti più toccanti del disco mostrano quanta cura Rose Nandi Plunkett abbia dedicato a ogni forma sonora, ogni dettaglio persino il più infinitesimale.
Le tante parti che vanno a formare “Dust” ad esempio, elettronica stratificata dal forte impatto, affiancata alla forza di “Slow Music” che ha qualcosa di St. Vincent, alla purezza di “Violetlight” e “Velvet Coil” a brani eterei e dolorosi come “The Museum”. Il clarinetto di “King Of Tides” è solo uno degli elementi di un arrangiamento complesso eppure immediato che sa ammaliare come “Mother Tongue”, ballata piano e voce di notevole profondità.
Half Waif moltiplica la voce come le tante immagini di sé in copertina, la modifica con l’aiuto del coro Khorikos, la distorce in alcuni attimi di “March Grass” e fa i conti con ciò che poteva essere e non è stato. Trasforma la sofferenza in arte con grande empatia e talento. Una storia personale che così diventa condivisa e universale dimostrando che esiste sempre la possibilità di risollevarsi e guarire anche dopo i colpi più duri.