Femminismo pregno dell’immaginario di internet viene accompagnato da suoni che fanno degli anni ’80 il proprio culto: post punk, synth wave e persino goth rock la fanno da padrone sopra testi ben piantati nei nostri anni.
Al quartetto newyorkese non piace prendersi troppo sul serio. Il nome della band già ne è una prova. Ma anche il titolo scelto per il primo singolo: “Karma Police” non rimanda in nulla ai Radiohead, e anzi rovescia il tema profondo di Thom Yorke in una narrazione disorientante su oggetti smarriti e voli da prendere, in cui la polizia non riesce ad aiutare le nostre. Ma già in questa traccia, che apre il disco, si fa strada un concetto chiave per comprendere il gruppo, oltre che a far mostra della frenesia musicale punk, industrial ed elettronica che caratterizza il disco; ovvero:
“To live in the future, gotta reckon with the past”
Qui ci si muove in più campi. In quello del femminismo, evidente matrice politica della band, che prosegue la grande tradizione di band tutte al femminile iniziate a formarsi da decenni a questa parte (penso alle The Slits, L7, Hole e così via); ma anche in quello musicale, in un approccio, il loro, che affonda le mani in repertori soprattutto degli anni ’80, rubando senza paura un po’ al goth e alla synth wave, un po’ al punk e all’industrial.
Tracce come “ahhhh!hhhh!” giocano su giri di goth rock riuscendo molto bene, mentre altre volte (“Simulation”, “ny winter”) la band non riesce a catturare l’attenzione. “Mercy” è godibilissima nel suo ritornello e nel cantato di Lida Fox (che in più riprese ricorda la bellezza decadente di Siouxsie Sioux). Da menzionare sono anche “uti”, dove una cassa dritta techno a sfondo industrial palleggia con urla sgraziate che sfogano il dolore di avere la uti (urinary tract infection), “girl don’t try” che ci ricorda veramente tanto i Joy Division di “Closer”, e la bella chiusura di “something new”, uno tra i momenti migliori dell’album, in cui le Cumgirl8 rallentano in grande stile per cantare forse del motivo centrale di tutto il loro lavoro: dell’amore per sé stessi che ci permette di trovare qualcosa di nuovo, di sano, di positivo che ci ridia un motivo per vivere. Un vero gioiello.
Non è un album perfetto né sorprendente il primo LP delle quattro newyorchesi, ma sicuramente si sente l’attitudine punk di una sincerità senza filtri (si pensi che l’album è stato registrato tutto in analogico e dal vivo) che si scatena in composizioni allo stesso tempo esplosive e decadenti.