“Spiral in a Straight Line” è un album sicuramente appetibile anche per chi, come me, non mastica post-hardcore e screamo dalla mattina alla sera.

Credit: Sean Stout

L’aspetto più interessante dei Touché Amoré è che, in qualche modo, riescono a rendere in musica l’eterno conflitto tra fragilità e resistenza. Questo album è meno impetuoso dei precedenti. Ha degli aspetti riflessivi e malinconici anche se non mancano i pezzi fast and furious. L’uso delle chitarre si discosta spesso dal mondo hardcore, specie nei featuring e non di rado le sfuriate lasciano spesso il posto a un’armonia che arriva a sedare il surriscaldamento delle corde vocali.

Lo screamo è di casa nelle possenti cavalcate di “Disasters”, “Finalist” e “Mezzanine” mentre l’aspetto più melodico arriva con il punk più leggero e luminoso di “Hal Ashby” e con le deliziose parti di strofa + refrain in “Nobody’s”. Quest’ultimo lo si può considerare il compendio degli ultimi Touché Amoré. La quiete che prelude la tempesta si aggira in diversi brani come “Force Of Habit”, “A Broadcast”, “Altitude”, “Skyscraper” e “This Routine”. Ognuno a proprio modo, questi pezzi fanno brillare il conflitto tra fragilità e resistenza tanto importante nella musica della band. Ottimi entrambi i featuring: il primo con Lou Barlow, “Subversion”, che procede in punta di riff per poi tirare fuori le urla nel finale e perdersi poi in un flow dove il testo di “Subversion” si unisce a quello di “Brand New Love”, cantata proprio dal frontman dei Sebadoh. Il secondo featuring, “Goodbye For Now”, vede co-protagonista Julien Baker delle Boygenius e ci regala un finale di disco all’insegna della malinconia, con un’emozionante stratificazione di voci.