Arrivati a quota cinque album in dieci anni, gli inglesi Desperate Journalist hanno deciso di voler dare una sferzata al loro suono con il neo “No Hero”, pubblicato via Fierce Panda Records, senza tuttavia stravolgere del tutto quello che è stato il loro mood sin dagli esordi. In effetti, l’uscita del primo singolo, “Unsympathetic Parts 1 and 2″, porta con se un sound decisamente più originale e sperimentale rispetto alle produzioni del passato, scandito da sei minuti che pur non perdendo l’essenza della band si rivela sorprendentemente inquietante e cupo.

Credit: Eva Vermandel

Decisamente verso altra direzione si dirige il brano d’apertura “Adah” nel quale i riff iniziali conducono alla sempre più solida e appagante voce della talentuosa Jo Bevan; il brano è un crescendo di melodie sorrette dal solito ottimo comparto ritmico di Caroline Caz’ Helbert (batteria) e di Simon Drowner (basso).

Si avverte dunque che siamo di fronte ad una produzione più fosca e nostalgica – che prende la scena anche negli episodi più sperimentali come nella bella “Comfort” in un tripudio di synth eighties – nella quale atmosfere gotiche di Cure memoria si odono nelle note new wave di “Silent” mentre nella bellissima “7” si avverte la presenza di chitarre degli U2 di “Boy”/”War”.

La scrittura della Bevan si fa sempre più tagliente e incisiva in “No Hero” (“La strada cadrà sotto di te/E il viaggio ti sconfiggerà/Un cielo che non sa nulla/Del peso della tua bara” scrive nella ficcante titletrack) cosi come la sua voce che raggiunge il massimo splendore soprattutto negli episodi più speranzosi e orgogliosi come in “Afraid” e in quelli toccanti presenti nella meravigliosa melodia e nell’ammaliante ritornello di “You Say You’re Lonely”, entrambe caratterizzate da una linea di basso potente e corposa di Simon.

Una delle mie cose preferite di questo album è che penso che catturi lo spirito di quella scoperta e sperimentazione, e vada in parecchie direzioni davvero inaspettate, pur essendo pieno di canzoni immediate e melodiche. (Non preoccuparti, però, ci sono ancora un sacco di chitarre dappertutto!). Parlando di testi è anche più intuitivo e astratto, perché volevo fare qualcosa di più onirico che eccessivamente elaborato, senza un concetto sovraordinato prima di perfezionare le parole. È interessante/inevitabile che da questo approccio diretto dal subconscio siano emersi vari temi che hanno a che fare con la mortalità, la famiglia, Dio e l’indipendenza, e quindi il testo del tema del film anti-Western “No Hero” aveva senso come titolo.

Le chitarre di puro stampo anni 80 di Robert Hardy – che ha tra l’altro prodotto e missato il disco – raggiungono invece l’apice nella traccia conclusiva “Consolation Prize”, che si candida tra i migliori pezzi della tracklist.

Registrato al Crouch End Studios da Pete Maher (U2, Jack White, Pixies Nick Cave And The Bad Seeds, Maximo Park, tra gli altri) “No Hero” è un album molto diverso dai precedenti lavori dei londinesi, un disco davvero ben fatto nel quale la varietà della strumentazione adoperata unita ad un’ottima cura degli arrangiamenti introduce senza dubbio alcuno i Desperate Journalist nella schiera delle band più interessanti dell’attuale panorama musicale.