Overdub, delay, distorsione caratterizzano la musica dei Bondo da Los Angeles, band frutto dell’incontro di quattro individualità diverse e indipendenti accomunate dalla passione per il post – rock ricco d’atmosfera, quello basato sulla chimica tra i musicisti (Cook Lee-Chobanian, Andrew “Gerry” Dykes,  Brian Bartus, Nikolas Escudero) e l’interazione tra le chitarre.

Credit: Garrett Grove

I Duster, Hood, i Rodan, Acetone, Bark Psychosis  sono i nomi a cui è più facile accostare gli undici brani prevalentemente strumentali di “Harmonica”. Un secondo album dinamico e ben arrangiato che dopo un inizio onirico e sognante affidato a “Enter Sand” e “Bibbendum” vira verso atmosfere math rock (“Sink”, la title track, “Porchetarian”) e decisamente esplosive (“DJ Lessons”, “BG”).

L’arma in più dei Bondo per distinguersi in un panorama affollato come quello del post – rock moderno è un uso piuttosto abile della psichedelia in brani come “Blink0″, “Headcleaner”  o “Paul Gross” dove lasciano ampio spazio e campo libero all’immaginazione in piccole cavalcate sonore molto intriganti.

Un bel viaggio dunque quello di “Harmonica” con i Bondo che in “Triple Double” abbassano i bpm e con voce sussurrata tracciano trame gentili e precise, coinvolgenti e delicate a chiudere un album da affiancare all’ultimo dei Duster. Una conferma per la band losangelina dopo i buoni risultati raggiunti con l’EP “77″ e l’esordio “Print Selections”.