Solido, compatto, potente, un monolite che però nasconde punti di fragilità, di profonda introspezione. Il nuovo album dei Mondaze è capace di trasmettere un forte senso di pienezza al primo ascolto. Le chitarre, così sature, riempiono ogni spazio sonoro, sembra non ci sia posto per nulla, sembra che il messaggio sia proprio quello di “potenza” e invece, più ci si addentra in questo muro sonoro, più le chitarre ci risuonano nella mente melodie che a tratti sembrano davvero di una malinconia tanto infinita quanto splendidamente suggestiva, ecco che emerge iun nuovo lato, più intimo, più umano, più personale. Un lato che non esalta l’ “io” ma che ne mette in luce i punti oscuri, l’incapacità di reagire, di prendere veramente in mano la propria vita, speso invece in balia della routine o di eventi esterni a cui noi ci adeguiamo passivamente. Tutto passa, troppo velocemente e il flusso ci cattura. Abbiamo perso la capacità (o la volontà) di fermarci? Di assaporare il momento? Qui ci porta “Linger” un disco che invece ci chiede rabbiosamente attenzione, picchiando fuorisamente o con i suoi mid tempo oscuri: lo shoegaze non è solo perdersi, è anche, finalmente, un ritrovarsi o almeno un provare a dare vita i dubbi.
“Linger”, che esce per Bronson Recordings, vede la band al lavoro con Chris Fullard e Maurizio Baggio, e il cerchio tracciato da questo team risulta essere magicamente perfetto: l’equilibrio che scaturisce da suoni imponenti e pulsanti (la parte ritmica della band a mio avviso è favolosa) e momenti dall’animo più sensibile è realmente esaltante e a mio avviso spinge i Mondaze a potersi confrontare con band dal sapore internazionale, perché la qualità messa in campo è decisamente alta.
Mi piace molto la scelta di non cercare a tutti i costi la melodia più immediata, concentrandosi sul trovare il ritornello che magari spicca nel mare rumoroso, no, la band rende ogni brano un vero e proprio flusso sonoro in cui ogni parte, ogni frammento, diventa viaggio e tentativo di catarsi: tutt’altro che facile e sopratutto da descrivere a parole. Ecco perché vi dico che i Mondaze giocano una loro esaltante e personale partita su un campo realmente nuovo: una partita che sicuramente ci dimostra la conoscenza dei maestri shoegaze, ma nello stesso tempo si smarca dai confronti e dalle etichette frettolose, perché la band è solidamente ancorata a al suo tempo, plasmando la materia shoegaze a suo piacimento, elaborando in modo personale tratti e caratterstiche di un genere che, per qualche scellerato, sembrava limitato e invece sa essere più vivo e reattivo che mai.
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