Terzo capitolo per il trio di stanza a Londra, il duo Raime più la nostra Valentina Magaletti, terza avventura di un progetto fra i più interessanti in circolazione, che continua con questo album ad approfondire le enormi possibilità di sviluppo del connubio ritmico fra chitarre e batteria, l’idea dell’essenzialità della base ritmica che si fa musica e contorno, che ri-trova la sua forza di essere nella ripetizione e nel messaggio che ne esce, come un accompagnamento indissolubile del momento d’ascolto.
Da qui parte ancora “You never end”, con piccole/grandi variazioni rispetto ai due precedenti lavori, con uno smarcamento più umorale a scapito forse dell’intensità del groove, dove prevale l’accento sull’atmosfera di fondo, che viene declinata, novità di rilievo, dallo spoken di alcuni featuring (Sophia Al Maria, Coby Sey tra gli altri) in diversi brani, totalmente in linea col mood quasi drammatico delle canzoni, che rendono in un certo senso più umane le digressioni sonore dei Moin, come se questi loro sforzi per la prima volta si avvicinassero a delle vere e proprie forme di racconto orale dei nostri tempi, come se volessero accentuare la loro necessaria presenza nel nostro quotidiano; c’è ovviamente uno stile oramai consolidato ma c’è anche molto di quello che stiamo vivendo, una sensazione di incurato malessere e desolante incapacità di stringere il presente alla sua realtà, che rende il pessimismo ancorato a questo tipo di musica come specchio acido e deflagrante dei tempi.
A dire il vero, ad intervallare i brani con il parlato e la loro corposità, ci sono quelli a marchio esclusivo Moin, con la presenza degli elementi caratteristici come ad esempio le voci campionate, dove la compattezza del trio è solidissima nella forma di guitar band con drumming ad intarsio, una formula che di forza rimanda ad un post rock, che si allaga a tanti generi, quasi che fosse un post tutto, un oltre musicale come se si volesse scavallare il mainstream imperante per proporci una possibile presenza attuale di qualcosa ancora da venire.
Sempre un piacere avere a che fare coi questi 3, magari non in tutti i momenti, ma riescono ad essere all’occorrenza portavoci indispensabili del presente, musicale e non.