Uscito lo scorso gennaio via City Slang, “Letter To Self“, è destinato a finire molto in alto in numerose top 10 di fine anno: stiamo parlando ovviamente del debutto sulla lunga distanza dei dublinesi Sprints.
Un 2024 che a portato ai giovani irlandesi ottimi riconoscimenti e un grandissimo successo di pubblico ai loro concerti, come dimostra anche la data di stasera che li vede suonare davanti al sempre caldo pubblico del Lido di Berlino, sold-out già da qualche settimana.
Formatisi nel 2019, gli Sprints avevano pubblicato un paio di EP, “Manifesto” (2021) e “Modern Job” (2022), che li hanno fatti conoscere e apprezzare sia dalla stampa che dai fan, che sono diventati sempre più numerosi con il passare dei mesi.
Il gruppo di Dublino non è ancora passato dall’Italia e non potevamo certo perdere l’occasione di testarli anche dal vivo, dopo che il loro “Letter To Self”, ci aveva impressionato su disco, come dimostra anche la recensione del collega Zacky Appiani.
In apertura ci sono le Pill, un duo tutto al femminile proveniente dall’isola di Wight: con appena una manciata di singoli realizzati, le due ragazze, accompagnate da un batterista, nella mezz’ora a loro disposizione dimostrano di aver una buona personalità punky e le loro canzoni hanno il giusto piglio per conquistare anche i numerosi fan degli Sprints già presenti in sala. Il recentissimo “Woman Driver” è una vera botta di adrenalina, ma – da ciò che abbiamo sentito stasera – ci sembra che le Pill abbiano ancora parecchie cartucce da sparare.
Pochi minuti dopo le ventuno salgono sullo stage della storica venue di Cuvrystrasse gli Sprints per la gioia dei seicento fan che riempiono la sala del Lido.
Il concerto si apre con “To The Bone”: la frontwoman Karla Chubb, accompagnata da una strumentazione minimale, canta, quasi recita e ci ricorda Michael Gira degli Swan, la canzone cresce pian piano, ci sono progressioni delle chitarra e il drumming si fa intermittente, ma l’atmosfera rimane cupa e sporca. La Chubb continua a ripetere “To the bone, to the bone, to the bone“, quasi fosse un mantra o una poesia, ma la situazione rimane comunque tranquilla.
Le cose cambiano nella successiva “Shadow Of A Doubt”. Se dapprima i vocals risultano inizialmente passionali e avvolgenti e il ritmo rimane basso, poi ecco entrare frenetiche chitarre, l’energia si fa sempre più presente fino a esplodere in un ritornello eccitante capace di indurre a un pogo selvaggio: solo nel finale il tono torna calmo com all’inizio.
Il nuovissimo singolo “Feast”, uscito qualche settimana fa, viene accolto molto bene e immediatamente parte l’handclapping del pubblico berlinese: la band irlandese attacca aggressiva dimostrando influenze grungey, continuando ad aumentare la potenza per la gioia dei numerosi fan presenti in sala.
Non ci si ferma un attimo, nemmeno per respirare, e si continua con “I’m In A Band”, una vera forza punk delirante e divertente e allo stesso folle e ipnotizzante con quella sua velocità sfrenata e quelle sue pazze grida.
Dopo un lungo tratto così intenso, serve ovviamente una breve pausa che porta il nome di “Shaking Their Hands”, che Karla definisce come una “slow song“: non possiamo nemmeno darle torto, perché la sua voce rimane calma per tutta la durata del pezzo, ma la strumentazione non ne vuole sapere di diminuire la sua aggressività rock.
C’è poi spazio per un paio di nuovi pezzi: prima “Better”, che ha atmosfere poppy e rumorose chitarre shoegaze, in seguito “Somethings Is Gonna Happen” si presenta con synth e le grida della Chubb che continuano a dare intensità al live, fino a che la combo chitarre-batteria non aggiunge ulteriore esplosività e violenza a questo brano dai toni cupi, come se ce ne fosse bisogno.
L’eccitazione continua subito dopo con “Up And Comer”, in cui Karla invita il pubblico a fare un circle pit: le graffianti chitarre caricano i presenti pronti per l’ennesima esplosione con un ritornello melodico di ottimo valore.
Se “Letter To Self”, title-track del loro esordio full-length, riporta ancora in gioco la potenza grunge della band irlandese, “The Cheek” è un vero delirio con quel suo ritornello dalle invitanti melodie chitarristiche, mentre la Chubb si arrampica sul lato del palco, cantando dall’alto.
In conclusione ecco “Little Fix”, che dapprima inizia con synth, spoken word e grida, ma, dopo un paio di minuti asfissianti e cupi, ecco di nuovo chitarre e batteria a dare la giusta carica punk al brano, mentre Karla decide di tuffarsi tra il pubblico.
Finisce dopo circa ottantacinque minuti il concerto del gruppo di Dublino, lasciando i fan tedeschi decisamente compiaciuti: gli Sprints mettono nei loro live-show tutta la loro anima e la loro energia punk per regalare al proprio pubblico un’esperienze molto soddisfacente e intensa.