Una provocazione artistica quella orchestrata dai C’mon Tigre che dopo “Habitat” del 2023 si cimentano con la soundtrack di un film immaginario pensato in collaborazione con l’intelligenza artificiale, un modello linguistico di grandi dimensioni (LLM – Large Language Model)  che ha analizzato scritti dei C’mon Tigre e di Raymond Carver costruendo una sceneggiatura basata su quattro storie che si svolgono in parallelo.

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L’obiettivo del duo che per l’occasione diventa ancor più collettivo con l’intervento di Mirko Cisilino, Marco Frattini, Pasquale Mirra e Beppe Scardino è proporre un ribaltamento concettuale dell’idea di colonna sonora: partire dalla musica e arrivare solo  in un secondo momento alle immagini, a una regia che si adatti all’impatto emotivo di note e parole.

La ventiseienne Haruka Takahashi (Tokyo) ballerina che dopo un incidente decide di utilizzare una protesi, un braccio robotico che le permetta ancora di danzare; il quarantenne Mateo Ramirez messicano che in una New York caotica sperimenta sulla propria pelle il prezzo dell’essere immigrato illegale; Amara Diallo ventottenne biologa marina che a Lagos inventa dei robot in grado di raccogliere la plastica; Miguel Silva trentunenne insegnante che dopo la chiusura della scuola nella favela di Rio De Janeiro apre un centro comunitario.

Sono loro i protagonisti di ventitré brani prevalentemente strumentali, a volte onirici, a volte minimali, altre incalzanti, dove il suono viene usato per sottolineare i momenti salienti, descrivere il cuore di ogni città. Pianoforte, elettronica, chitarre, archi, fiati, elementi di musica africana, nipponica, brasiliana in un giro del mondo che a volte può ricordare l’estro di Ryuichi Sakamoto in evoluzioni sperimentali e creative che permettono ai C’mon Tigre di sbizzarrirsi unendo stili e influenze diverse ancor più che in passato.

Un’interessante evoluzione del progetto in versione Ensemble che ha il pregio di tentare qualcosa di diverso a livello compositivo mantenendo costante la qualità dei brani, puntando sull’intensità dei sentimenti che la musica evoca in un disco cosmopolita. Se da immaginario il film dei C’mon Tigre diventasse reale potrebbe somigliare a “Babel” di Alejandro González Iñárritu in un mix di forme sinuose e taglienti, avventura e tensione.