Con “The Last Will And Testament”, gli Opeth si cimentano in un concept album ambizioso e profondamente evocativo. Un’opera dai toni lugubri, quasi horror, che squarcia il velo sui segreti più oscuri e disturbanti di una ricca famiglia borghese del periodo immediatamente successivo alla Prima guerra mondiale.

WanderingTrad, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

La narrazione si dipana attraverso paragrafi senza titolo, indicati da semplici numeri – eccezion fatta per la conclusiva “A Story Never Told” – a simboleggiare le ultime volontà di un patriarca defunto che si rivolge ai figli in attesa di mettere le mani sull’eredità. È un ritorno al racconto lineare e drammatico o, per meglio dire, al desiderio di dar forma a una vera e propria storia musicale, come non avveniva dai tempi di “Still Life” (1999).  

La forma del concept album non rappresenta l’unico recupero di “The Last Will And Testament”. Mikael Åkerfeldt, infatti, sorprende tutti reintroducendo il suo portentoso growl, assente nei lavori degli Opeth dalla bellezza di sedici anni (l’ultima volta si era sentito in “Watershed” del 2008).

L’irrompere della sua inconfondibile voce death, potente e cavernosa, crea una sorta di ponte col passato “estremo” della band. Nessuna rottura netta con i lavori più recenti, però; il ritorno a un sound leggermente più heavy non intacca l’inesauribile vena progressiva e sperimentale che li contraddistingue da tempo.

Il risultato è un album puramente prog costruito con estrema raffinatezza, nel quale pesantezza e delicatezza si uniscono in un perfetto equilibrio tra tecnica e idee. Gli Opeth dimostrano ancora una volta la loro straordinaria padronanza musicale: brani in costante mutamento, mai troppo cerebrali, si snodano tra suggestioni metal, folk, jazz e classiche.

Non mancano incursioni orientaleggianti, passaggi orchestrali di rara bellezza e omaggi ai giganti della scena di Canterbury anni ’70. Il tutto è avvolto da un’aura epica che non scade mai nell’eccesso, confermando l’invidiabile maturità artistica della band. Anche quando si percepisce un leggero retrogusto di già sentito, il fascino complessivo rimane intatto, rendendo “The Last Will And Testament” un’opera intrigante e magnetica.

Meritano una menzione speciale le performance di Waltteri Väyrynen, nuovo batterista proveniente dai Paradise Lost, e degli ospiti illustri Ian Anderson (Jethro Tull) e Joey Tempest (Europe), in grado di aggiungere ulteriore valore a un album già di per sé sfaccettato e ispirato. Per palati fini.