La Mashhh! Records è una nuova etichetta italiana, o meglio un ‘collettivo’ in cui la fiducia reciproca di produttori e personaggi legati alla discografia insieme alle band cooperano con un principio di “massima libertà “, artistica e non solo. E’ quello che si evince dalla presentazione presente nella sezione ‘philosophy’ del loro sito ufficiale (http://www.mashhh.com/) dal quale si possono leggere anche informazioni sulle band sotto contratto e i progetti discografici a breve e lungo termine. L’interesse per la musica ‘di qualità ‘ è subito evidente con un roster che comprende non solo i qui recensiti Death By Pleasure, trentini, ma anche l’ambient act Le Confort Elèctronique e il fortissimo duo Dance for Burgess, con tante altre novità in arrivo. Un’etichetta che si spera farà strada, ma che ha gettato senz’altro le premesse per un grande miglioramento in futuro.
A Trento ci sono due ragazzi che si annoiano. E hanno deciso di spaccare il culo con un prodotto che alla fine lo spacca solo in parte. Ma non per questo non lo spacca. Essere un po’ esterofili va bene, ma a volte c’è come l’impressione che fuggire dall’Italia sia diventata una moda (scappiamo su a Berlino, eccetera), non cogliendo ‘il bello’ che c’è qui.
I Death By Pleasure, in ogni caso, propongono un buon disco, verniciato di fresco senza coprire perfettamente quello che c’era sotto, lasciando un prodotto finale nel quale traspaiono piccole macchie di garage rock (alla White Stripes, per intenderci, lontani dai fasti dell’amico dei White, Captain Beefheart), in brani come la seppur buona (e per certi versi, maestosa) “Fuck Up” e post-rock, in questo caso meglio definibile shoegaze (fanculo sigle, marchi ed etichette, please), sia un po’ “slintiano” ma anche un po’ più moderno, volendo, inserito in un contesto più lo-fi che non guasta mai, in puro stile demo/mixtape dello scantinato più sfigato, mixato però con una strumentazione moderna (“Too Much Of You”). Ecco la fregatura. Un po’ di anacronismo non sarebbe guastato, tanto i revival fanno sempre figo. E infatti ecco l’indie-devasto iniziale di “The Dusty Carpet”, uno dei brani migliori del disco insieme alla riuscitissima “90s Loser”, con un titolo tanto insipido quanto fico e la voglia di alzare il volume del distorto come i vecchi Blur, o i Nirvana del periodo buio (l’ultimo) se non i primi Weezer. Ma chi se ne frega dei paragoni.
Il master di Gianni Peri rende il disco molto prezioso, in tutte le sue sfaccettature, per la grande varietà che emerge dal risultato finale, pregevole anche in vinile con il suo suono crepitante sullo sfondo a ricordare dei fastosi bei tempi del microsolco. Produzione abbastanza bruttarella, quanto basta per risaltare in quell’effetto di ‘stanza chiusa e imbottita di cartoni delle uova’, anche perchè il retrò è di moda. Più probabilmente mancavano i soldi, ma a noi piace pensarla così. I Death By Pleasure, dal nord più estremo dello Stivale, buttano fuori un disco di grande qualità , che con i suoi alti e bassi imbocca tutti i sentieri del rock più menzionato dalla critica, senza mai riverirsi troppo nè perdersi in rivoli di inutile autocelebrazione. A questo ci pensiamo noi.
Disco per affezionati del garage. Per chi ascolta shoegaze, attenzione a che tracce scegliete. Alcuni secondi potrebbero farvi schifo. Tutto il resto è noia.
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2. 90’s Loser
3. Fuck Up
4. My New Dog
5. I’m In Control
6. Merry-Go-Round
7. No Dawn
8. Roads
9. Too Much Of You
10. This Is The Whale Song