Francesco Di Bella, ex frontman dei 24 Grana, gruppo cardine degli anni ’90, ritorna con un nuovo album di inediti, a distanza di due anni da “Nuova Gianturco” che aveva segnato il suo “vero” debutto da solista, se escludiamo l’interessante “Ballads Cafè”, il primo uscito a suo nome ma che in pratica ripercorreva le tappe del suo percorso nel gruppo madre, con i brani riadattati in una formula nuova, più intima e cantautorale.
“‘O Diavolo”, uscito pochi giorni fa sempre per la label “La Canzonetta”, ci mostra un Francesco molto a suo agio, pienamente a fuoco nel recuperare finalmente le istanze primordiali che lo hanno da sempre caratterizzato, sia a livello di songwriting, sia per scelte musicali. Laddove infatti “Nuova Gianturco” filtrava a mani basse con un sound elettronico di stampo “moderno”, in cui gli effetti e gli arrangiamenti finivano inconsapevolmente per coprire le parole, in questo nuovo album le parole escono chiare e potenti in tutta la loro forza. L’album è avvolto da atmosfere reggae e dub, ora sognanti, ora più “colorate”, un po’ come l’artwork della splendida, suggestiva copertina realizzata dallo street artist Davide “Diavù” Vecchiato. Tra i vari collaboratori un grande apporto lo hanno dato Andrea Pesce alle prese con pianoforte, wurlitzer, synth e mellotron, Cristiano De Fabritiis ai campionatori, vibe e percussioni e Valerio Vigliar che ha arrangiato gli archi in quattro brani.
Il cantautore napoletano pare sentirsi a proprio agio in queste vesti cantautorali, potendo così raccontare tematiche importanti e volgere uno sguardo lucido nel mondo di oggi, così foriero a volte di certezze e di buone vibrazioni. Attenzione però, Di Bella non è certo tipo che si lascia influenzare negativamente dalla realtà che ci circonda; riesce a mutare da sempre la disillusione e l’amarezza in speranza e voglia di dire la propria nel mondo, di reagire, di provare a crearlo a propria immagine e somiglianza, esorcizzando la paura e la distanza utilizzando spesso l’arma dell’ironia e del sorriso sarcastico.
Un po’ quello che esce dall’episodio che funge da title track e che si piazza in cima alla scaletta: un brano vivace, piuttosto spiazzante nel contesto del suo canzoniere ma che a livello di tema ben esemplifica quanto appena detto. Il diavolo – come ha specificato l’autore – è una figura che da qualunque punto di vista lo si guardi e lo si studi, divide e lascia strascichi. Può così rappresentare la follia della società attuale, le sue contraddizioni, non soltanto il “male” ma sicuramente la dicotomia, il disordine.
Giù dal brano successivo comunque Di Bella cambia registro poetico e in “Scinne ambresso” caldeggia unione di intenti e invita a guardarsi dentro e ad agire per sè stessi, chè poi si finisce stando bene con sè stessi a migliorare anche il prossimo tuo vicino.
Veniamo poi a due episodi che a mio avviso fanno intravedere le radici dell’autore: “Stella nera” e “Rivelazione” non avrebbero sfigurato tra i brani più autentici e sentiti dei 24 Grana, l’ispirazione vola alta e anche il tasso emozionale si dispiega, specie nella prima citata, malinconica e lunare.
Meno immediata risulta essere “Il Giardino nascosto”, con al basso Roberto Dellera degli Afterhours, mentre ci coinvolge e ci avvolge la successiva “Rub-a-dub style”, che musicalmente rappresenta l’apice creativo dell’album e che si riallaccia idealmente ai temerari e scintillanti esordi del Nostro. Molto suggestiva la voce di Houcine Ataa, che fa il suo ingresso a metà brano, prima della lunga coda strumentale, onirica e ipnotica.
“Canzone “‘e carcerate” recupera un topos lettarario carissimo all’autore, quello della vita nei carceri, tema che in passato gli ha offerto pregevoli spunti e che anche nell’occasione è in grado di emozionare l’ascoltatore. In questo caso il filo diretto è con una narrazione del poeta napoletano Ferdinando Russo. Arriviamo così a “Sulo pe’ te”, romantica ballad che allude all’importanza dei sogni come via di fuga e, perchè no?, risposta plausibile alle difficoltà che possiamo incontrare nella quotidianità e che possono finire per schiacciare.
L’interpretazione di Francesco Di Bella è magistrale, il punto di forza che emerge maggiormente in questo disco, sta proprio nella sua capacità comunicativa, nel suo mettersi a nudo pur non parlando praticamente mai in prima persona di sè stesso. Accade anche nella conclusiva ed enigmatica “Notte senza luna”.
A conti fatti, si tratta di un disco che può ottenere un buon risalto nel panorama cantautorale odierno, un salto in avanti rispetto al pur dignitoso e godibile lavoro che l’aveva preceduto.