Una produzione di lusso, collaborazioni stellari e un talento non da meno.
Ecco i tre ingredienti fondamentali di Oxnard, il nuovo album di Anderson .Paak.
Il cantante americano torna sulla scena con quattordici tracce curate dall’icona dell’hip hop: Dr. Dre. Un sodalizio che, come ha affermato lo stesso .Paak, poggia su una stima reciproca e un’intesa evidente: a Dr. Dre va il merito di aver saputo dare risalto ed omogeneità ad un materiale già molto buono in partenza.
Nei tre lavori precedenti, .Paak aveva dato prova del suo buon gusto e qua ritroviamo intatti i capisaldi della sua produzione musicale: l’hip-hop, l’R&B e il funk.
“Six Summers” riassume perfettamente tale mix: una prima parte rappata si risolve in un cantato dolce e graffiato, caratteristica distintiva che lo avvicina a grandi nomi, come quello di Marvin Gaye. Nel mezzo, un breve, ma grande omaggio a Gil Scott Heron che già alla fine degli anni sessanta recitava poesie su basi musicali, il cosiddetto “‘spoken words’ e, se vogliamo, un pre-rap. Una voce femminile ne riprende i celebri versi The Revolution will not be televised e aggiunge but it will be streamed alive: il dipinto nudo e crudo di Oxnard, città natale di .Paak, simbolo un’America in degrado, può solo accompagnare.
Anderson .Paak nasce anche come batterista e questo dà un contributo notevole alla parte ritmica: ha un flow trascinante che non porta con se un rap serrato ma, pur mantenendone la schiettezza, lascia ampio spazio alla musica vera e propria declinandola in molti modi diversi.
L’incalzante “The Chase” in apertura ricorda una colonna sonora di un film gangster à la Lalo Schifrin, “Saviers Road” ci introduce al gusto retrò di un organetto psichedelico, “Tints” in collaborazione con il recente premio Pulitzer Kendrick Lamar, ci regala una botta di energia ed “Anywhere”, con Snoop Dogg, un po’ di buon vecchio stile anni ’90.
Ma a confermare Anderson .Paak tra i grandi del genere sono anche un’ottima capacità di scrittura, un gusto inconfondibile e un’attenzione quasi maniacale al dettaglio: quel puntino davanti al nome Paak, infatti, è una sottigliezza di precisione.
“Oxnard” è il primo traguardo di una carriera costantemente in ascesa, ma lontana dai riflettori, di un musicista che ha sicuramente qualcosa da dire e lo fa facendoci ballare.