“Ogni orizzonte vissuto spalanca un orizzonte più grande, più vasto, dal quale non c’è scampo se non vivendo“. (Henry Miller)
Henry Miller è un autore che ha costruito, sulla sua schiettezza, un immaginario ben preciso della sua opera nel tempo.
Nella musica italiana un necessario e impellente bisogno di autenticità e spirito del tempo si è innalzato da qualche anno e uno dei “profeti” della tendenza è stato sicuramente Franco126.
Dopo una miriade di collaborazioni, featuring e altri progetti è finalmente arrivato il suo esordio in veste solista.
“Stanza Singola” è un compendio che mostra come si può usare l’elemento nazional popolare, senza però la vuota pesantezza di clichè e classicismi esagerati.
Franco126 rende tutto funzionale al momento, e forse il pregio e difetto del disco è tutto qui, perchè una domanda rimane chiara: cosa sarà di “Stanza Singola” tra dieci/quindici anni?
Non dobbiamo essere veggenti e nemmeno possiamo arrogarci il diritto di sapere come sarà lo sviluppo artistico di Franco126, ma probabilmente un disco del genere è, allo stesso tempo, chiusura di un ciclo e inizio di un altro.
Il disco chiude un cerchio che si risolve in una serie di suoni essenziali e linee di chitarra molto semplici, che valorizzano la semplicità del disco.
I nuovi luoghi comuni di caffè notturni, vodka-tonic e schedine giocate sono valorizzati da una penna efficace, che riesce ad essere iconica anche in una sorta di esasperazione poetica.
C’è da notare come gli scenari evocati siano ormai separati dalla sola Roma, tutto è più spersonalizzante e alienante. Le parole di Franco126 diventano iperboliche e abbracciano una generazione che ormai, da quando è uscito “Polaroid”, l’ha eletto a simbolo.
La notevole pacatezza nella voce e le luci soffuse nell’artwork si riflettono e si riscontrano sia nelle atmosfere che nelle parole. Nessuna traccia di auto-tune, nessuna esuberanza patinata, ma solo chitarre a fiumi, sincere, quasi da disco indie-folk.
La stanza di motel, in cui tutto gira nel disco, è un giardino in cui si incontrano anche vecchi amici (Tommaso Paradiso) e la sensazione è di trovarsi davanti ad un disco che è una necessaria conseguenza di un percorso artistico netto e preciso, dove la contaminazione e la collaborazione sono un momento per compenetrarsi e capirsi.
“Stanza Singola” comunque ha la capacità di incuriosirci più sul passo successivo che sull’essenza di quello appena compiuto, ma è un vero primo inizio da solista.
Franco126 ha dimostrato in “Stanza Singola” di saper andare oltre la semplice comparsata in featuring vari, mostrandoci un tumulto di personalità che ora tocca sviluppare, incentivare e scoprire.
Importante è notare come nel disco, il bilanciamento tra rap, pop e nuove tendenze della musica italiana è sempre puntuale e mai fuori fuoco. Se in questi anni ci siamo innamorati, sul grande schermo, a James McAvoy e al suo personaggio dalle 24 personalità , in “Stanza Singola” possiamo trovarne altrettante e affezionarci ugualmente.