Iniziati nel lontano 2009 come progetto solista della cantautrice neozelandese Hollie Fullbrook, i Tiny Ruins si sono poi espansi con l’aggiunta di nuovi elementi alla sua line-up e la pubblicazione di un paio di album e una manciata di EP, il più recente dei quali è la collaborazione con Hamish Kilgour dei Clean, uscita nel 2015.
Lo scorso weekend Hollie e compagni sono tornati con questo loro terzo LP, dopo un periodo non proprio piacevole per la musicista di Auckland in cui ha sofferto di esaurimento, ha avuto il blocco dello scrittore e ““ nel 2017 ““ ha perso il bambino che aveva in pancia: “Olympic Girls” vuole essere, quindi, un modo per riprendere la sua vita, pur con i suoi lati positivi e negativi.
Prodotto dalla stessa Fullbrook insieme al chitarrista Tom Healy, questo nuovo disco segna un allontanamento dallo stile minimalista dei lavori precedenti: sebbene la sua voce rimanga una parte centrale dell’album, c’è una aggiunta di numerosi nuovi strumenti che portano la band neozelandese ad aprire i propri orizzonti, ad aggiungere dettagli e a sperimentare cose nuove.
La title-track sembra essere la giusta introduzione per questo nuovo suono con interessanti percussioni che sostengono la sempre morbida e calda voce di Hollie (molto bello anche il flauto che appare poco dopo la metà della canzone).
Altro brano importante è sicuramente “Holograms”: seppure le sensazioni siano piuttosto oscure, la Fullbrook riesce a creare un’atmosfera dreamy e, in un certo senso, mistiche con l’aiuto di synth, piano e di un sottofondo di cori angelici.
Se “One Million Flowers” prende una vena psichedelica decisamente elegante e con una strumentazione piuttosto ricca, “Bounty” è invece una ballata acustica dai toni eterei.
“Olympic Girls” è un album interessante, variegato e ricco, in cui i Tiny Ruins espandono la loro tavolozza sonora, e un buon passo in avanti nel loro percorso artistico.