Tornano gli scozzesi Idlewild autentici pezzi da novanta di quello che nella seconda metà degli anni 90 venne etichettato come post britpop.
Ormai staccatisi definitivamente dal mondo delle major e ancora con Dave Eringa in cabina di produzione, Roddy Woomble, Rod Jones e soci hanno oggi la possibilità di fare quello che meglio si sentono di fare, e di prendersi il tempo che serve per farlo.
L’inizio di “Interview Music” è più che valido: “Dream Variations” col suo piano e la sua coda lisergica, “There’s A Place For Everything” e la title-track (che ha più di un richiamo a “Baba O’Riley” di casa The Who, ed anch’essa contraddista da uno strascico pysch e noise) mettono in mostra un ottimo stato di forma, sia a livello della – solita, verrebbe da dire- poesia di Woomble che di padronanza ed energia a livello strumentale.
“All These Words” è da marchio di fabbrica pop-rock, con un vitale Woomble alla voce supportato da un altrettanto carico Jones col suo riff di chitarra, mentre il 3/4 conclusivo nasce dal silenzio per creare un’atmosfera ambient che fa da contorno alla successiva “You Wear It Second Hand”, una ballad profonda e senza tempo.
“Same Things Twice” pare nata esclusivamente con l’obbiettivo di essere ricordata, con un chorus scolastico ma di grande impatto, e un Jones che libera un assolo graffiante e distorto: una fiammata garage che ci riporta a grandi tempi andati.
La sognante “I Almost Didn’t Notice” mette in mostra, ce ne fosse bisogno, la duttilità di Woomble, tra crooning e cantato, in un’ambientazione sonica shoegazing e rarefatta molto The War on Drugs, dal basso e batteria precisi e pulsanti, “Miracles” e “Mount Analogue” non spostano certo gli equilibri ma mettono sul piatto venature rock and roll anni 70 l’una, e un buon magnetismo (dato anche dall’uso di ottoni) l’altra: stesso discorso vale per la successiva poppeggiante e delicata “Forever New”, radiofonica ed album-oriented, e per “Bad Logic”, buona per riattivare i nervi.
La chiusura è affidata a “Familiar to Ignore”, che parte delicata per poi mettere in mostra un Jones in forma smagliante e un piglio generale coinvolgente, col supporto di un pianoforte che in “Lake Martinez” si mette di fianco ad un Woomble, anch’esso, in stato di grazia che dimostra una brillantezza senza soluzione di continuità che non era da considerarsi affatto scontata.
A conti fatti, gli Idlewild riescono in una missione che nemmeno sulla carta sarebbe potuta sembrar facile: “Interview Music” ci restituisce gli scozzesi assolutamente sul pezzo. C’è ancora da dire, c’è voglia, c’è qualità , c’è coraggio e determinazione. Tanta classe ed ancora cartucce da sparare.
E non può far altro che un gran piacere.