Diamo il bentornato ai ravennati The Doormen che giungono al quarto album. Il loro post-punk abbracciava una forte carica “romantica” e visionaria nel precedente lavoro, ma il segnali che giungevano ad anticipare “Plastic Breakfast” non andavano in questa direzione.
Sta di fatto che quanto promesso si è avverato: suono più carico, immediato e impulsivo in questo disco che mostra una band assolutamente in grado di riappropiarsi di una dimensione più “muscolosa”, senza perdere in fascino oscuro e melodia.
Se nel disco precedente gli spigoli venivano smussati e resi cangianti, in “Plastic Breakfast” i tagli che ci procuriamo invece sono vivi e bruciano. Certo, trame e costruzioni possono richiamare mostri sacri del genere, in un gioco di rimandi che però non prendiamo con fastidio, anzi. Ritmiche asciutte, chitarre rumorose e con un sound classico (quello che ormai ci manca tanto negli Editors ad esempio) e una solida costruzione in fase di scrittura: il biglietto da visita dei ragazzi di Ravenna non è particolamente complesso o innovativo, ma colpisce nel segno.